domenica 23 dicembre 2012

respinti sulla via de "Al Legn" - Brissago (TI)

sull'infido traverso
Quest'anno, rispetto allo scorso anno (stesso periodo) c'è un po' di neve in più....e dopo l'alpe Avaiscia (1730m) sulla parte più ripida del traverso per raggiungere il rifugio, che era distante veramente poco, malgrado i ramponi, non ce la siamo sentita di prenderci il rischio di passare e, un po' delusi, non siamo saliti in alto di 150m per poi scendere ("Chissà...e se non riusciamo?") e così siamo tornati indietro.

di qui non passiamo!





Il SEI si aggiorna per un 2013 di escursioni spumeggianti.
A prestoooooooo!!!
CP

il S.E.I. in buon ordine torna indietro


sabato 17 novembre 2012

capanna Borgna e Madone (20m sotto...)

In auto decidiamo all'unanimità di evitare il setiero da Vogorno (1300m di dislivello) per il più corto sentiero che da Monti della Gana (1286m) salgono alla capanna Borgna (1912m), la partenza dell'Alta Via Verzaschese, per circa 750m di dislivello.
partenza da Monti di Gana, monte
Gridone/Limidario (2188m)
Il sito internet della SEV dice che le capanne sono chiuse, ma verifico la disponibiltà all'accoglienza dopo una gentile conversazione con il capannaro. Lasciamo la pianura padana avvolta nel grigiore ma solo dopo Lugano la lattigine della velatura cede il passo al cielo azzurro. Una volta lasciata l'auto, la prima cosa che richiama l'attenzione è il Gridone/Limidario a destra del quale la vista spazia dal Rosa al Dom. Iniziamo a salire in una bella giornata non fredda. Una coppia di locali mi dà l'informazione necessaria a lasciare un paio di chili nel baule dell'auto: le ciaspole, a meno di non voler passare al versante nord, non servono a nulla. Loro salgono dalla valle di Ruscada, "c'è una bell'alpe tra le rocce lassù", ci rivedremo nel pomeriggio. Mentre saliamo, sulla destra riconosciamo la conca dell'alpe Orino (1395m) dietro alla quale, al sole, sta l'alpe Mognone (1426m) a noi cara.
pizzo Vogorno (2442m) e Madone(2395m)
Arriviamo alla baita "Amici del Sassello" dopo la quale, attraverso un passaggio in un nel bosco di faggi e abeti, si supera il dosso che ci separa dalla vista della val della Porta. Il sentiero ora piega scendendo, anche rapidamente, all'ombra e con 30cm di neve ghiacciata. Scendendo la vista si allarga sulla valle della Porta, dove riconosciamo, completamente al sole, la traccia del sentiero che sale qui da Vogorno: sicuramente è il percorso da fare in pieno inverno. 
capanna Borgna (1912m)
Il lato sud del massiccio che comprende il Vogorno e il Madone è costallato da bei alpeggi. Sembre che dalla Corte di Fondo (1627m) alla capanna Borgna ci sia addirittura una vera e propria strada.
Arriviamo nel bel mezzo del pomeriggio, ci mettiamo fuori e approfittiamo subito subito delle forniture della capanna aprendoci due belle birre per accompagnare pane, speak e un po' di prosciutto di cinta senese, dono di Nando. La capanna Borgna è proprio bella: ha una sala principale non grande e scaldabilissima con una stufa eccezionale, tanta legna fuori da rompere con la scure, la cucina a gas (che non abbiamo provato), una buona attrezzatura da cucina, così come l'illuminazione artificiale. Al piano di sopra c'è un pianale con quattro materassi già pronti a terra e un'altra decina appoggiata lungo i muri. Tante le coperte sulle mensole.
Il registro contiene principalmente visitatori tedeschi, svizzeri tedeschi e ticinesi: pochissimi gli italiani, ed ecco perché non c'è neppure un po' di caffè per la moka (anche se ci sono 4 caffettiere). Prima di salire alla b.tta di Cazzane (2104m) arrivano i due locali che abbiamo lasciato al parcheggio: sono saliti dal passo di Ruscada, traversato fino alla Cazzane e scesi alla Borgna. Non ci fanno compagnia per il te', "non so se va bene con l'omeopatia" la motivazione.
cresta del Madone
Il pomeriggio è ancora abbastanza lungo da concederci un giretto, e in tre saliamo per raggiungere la Cazzane, percorso facile facile anche seguendo le orme dei due ticinesi che ci hanno preceduto. Non troviamo traccia qui dei "fiumi di acqua a ogni passo" che uno sfortunato hikr ha registrato il 16 di novembre, solo un giorno prima rispetto alla nostra salita. Meno male.
Vediamo bene l'inizio del canale per raggiungere la cresta del Madone, nostra tappa di domani (se il tempo tiene).
Dalla Cazzane il paesaggio è molto bello! Le cime assolate fan da contrasto con la val di Moleno, un buco immerso nella nera ombra. Prima di tornare giù, giochiamo un po' a fare i bombi mettendoci sotto un simpatico balconcino di roccia a goderci il sole, e scendiamo contenti.
Ci svacchiamo in capanna un po', ci diamo alla prima scopetta (Steacco perde) prima di dedicarci ai preparativi della cena a base di spezzatino e polenta. Dopo la cena da califfi, il post cena è allietato da un po' di grappetta e dalla seconda partita a scopa (nuovo socio, ma Steacco perde). Si va a dormire verso le 22.30 lasciando tutto già abbastanza a posto. La notte è fredda, ma le coperte, la tenuta della capanna fino a oltre metà notte, e la buona addizione alcoolica acquisita nel corso della giornata, ci consentono di arrivare facilmente al mattino dopo.
dal Madone: valle di Moleno (buco)
E' giorno sul Rosa! Le ore 8.30 fanno sfavillare i 4000 che si vedono dalla capanna. Colazione, un po' di rassetto, e io e Steacco ci diamo al Madone: proviamo a salire. Raggiungiamo la base del canale, la salita si fa ripida sul prato, e sul po' di neve ghiacciata intorno, ma guadagnamo la cresta facilmente. Wow! Ora la val Moleno si vede meglio! La sua maggior parte è in ombra anche alle 11.00am, chiaro, ma l'alpe di Moroscetto, quella di Leis, e di Pianascio si vedono molto bene. Il contorno di cime, pure. A est la vista arriva a riconoscere Grigne e Legnone, poi si vede alto il Disgrazia dietro ai monti della Mesolcina. Davanti a noi sta la Levantina che il Poncione di Piotta interrompe, mentre a ovest la vista della Verzasca è preclusa dal Madone. Vediamo bene anche il passo di Ruscada (sembra ripido dietro!) e le Cime dell'Uomo (2390m) e di Erbea (2338m).
Camminiamo chi con i ramponi, chi no (ma lo stesso si entra nella neve ghiacciata senza troppi problemi).
Avvicinandoci alla cima notiamo qualche difficoltà. La prima è che occorre passare un canale (non dà problemi), la seconda ci fa desistere. Il Madone è troppo "turrito" nei suoi 20 metri finali. Ci fermiamo su un sasso lì sotto e ci facciamo una bella sosta di tanta soddisfazione davanti a un silenzioso panorama nel sole.
di ritorno a casa
La discesa me la aspettavo più complicata, specie nel canale prima della cresta, ma scendiamo senza problemi.
Raccontiamo agli altri due la nostra impresa, e decidiamo che non scendiamo dal passo di Ruscada ma da dove siamo saliti: abbiamo così il tempo di un risotto al radicchio, di finire la quarta bozza del giro, e di darci alla terza scopetta. Steacco, ha giocato con ciascun'altro, perde ancora.
Rimettiamo tutto in ordine, completiamo il registro e ce ne andiamo con un ottimo ricordo di questo bel posto.
Alla prossima!
CP

sabato 3 novembre 2012

capanna Albagno (TI) e sotto il Gaggio

Bedretto(1283m) con
p.zzo di Claro(2727m) e p.zzo di Molinera(2288m)
Ci sgranchiamo un po' in questo ponte di maltempo scegliendo la sola finestra di tempo accettabile e rivedendo le scelte inziali circa la meta: del resto questa è la stagione in cui non si sa bene dove andare...
Siamo già passati dalla capanna Albagno, circa quattro anni fa, di ritorno dall'alpe Gariss. Questa volta saliamo per il percorso "classico" lasciando l'auto a Bedretto e attraversando due vallate (una è la valle di Stuello), una più "buco" dell'altra. Il tempo è molto bello, ammiriamo il pizzo di Claro e il pizzo di Molinera di fronte a noi in pieno sole e, in lontananza, riconosciamo le cime (e i buchi) della Mesolcina.
val di Stuello (buco)

Da dopo l'alpe Arami (1446m) inizia la ripida discesa verso il primo dei due ruscelli: ci sono addirittura delle corde ad aiutare il passaggio, si capisce perché in inverno sconsiglino la salita. Passato anche il secondo ruscello non c'è più alcun tratto esposto.
Il sole radente filtra tra i rami di abeti e larici, e saliamo fino all'alpe Cassengo (1624m) dalla quale la vista si allarga fino a farci scorgere l'Albagno(1867m): solitaria in mezzo a uno sfondo di nera roccia e bianca neve, ormai quasi in ombra con gli ultimi raggi di sole che declinano su di lei dietro il costone.
alpe Cassengo (1624m) e
sopra l'Albagno
Arriviamo, Nando mi precede di qualche minuto e quando sono anche io alla scala del rifugio lo vedo sorridere con aria divertita e sguardo acceso: "Lui è qui." Nooooooo! RP?!?!? Indovinato. RP è una firma costante e inconfondibile dei registri delle capanne del Ticino, anche delle più remote che abbiamo frequentato. Lo abbiamo conosciuto di persona al Bardughè in val Verzasca (gennaio 2010). Ne interrompiamo il pranzo, non la bevuta delle ultime due (di sei, in tre pasti) lattine di birra. Chiaccheriamo contenti di scambiare opinioni con uno che se ne intende davvero di monti. Sorseggiando (noi) del tè, passiamo in rassegna luoghi, capanne, stagioni, cime e capannari. Una specie alpina, questa, non troppo apprezzata dal nostro. Rimane con noi fino a quasi metà pomeriggio, poi scende. Lo salutiamo con la certezza di incontrarci ancora su qualche sentiero. Ci fa dono del brodo di pollo ("decidete se no lo butto") che accettiamo con piacere dato che ci faremo del buon risotto. Il pomeriggio è ormai corto, facciamo un giretto verso Mornera giusto quel che basta per vedere, baciata dal sole del tramonto, l'alpe Mognone.
alpe Mognone(1463m) e
alpe di Morisciolo(1718m).
Il luogo dove il SEI è nato!!! Non c'è che dire, sorge davvero in un'ottima posizione: sempre al sole anche d'inverno.
Si sta fino all'imbrunire a fare un po' di legnetti: c'è una capiente legnaia fuori e tanta legna dentro (dietro la porta del corridoio, nella cassa e sotto la stufa). Per la cena (comunque da califfi) non c'è molto da fare, e poiché non possiamo neppure giocare a carte, passiamo il tempo con Vivere la Montagna e i suoi concorsi, cercando di riconoscere le capanne guardandone l'interno o com'erano prima della ristrutturazione (Nando ci prende spesso). La mancanza dei pezzi da 90 SEI fa sì che a cena si consumi solo 3/4 di bottiglia di vino in due.
capanna Albagno
Si va a dormire con tutto rimesso a posto, la potente stufa scalda anche un pò la camerata (16 posti, un pianale da altri 6 posti e tante coperte).
La notte scorre morbida, ma purtroppo il sereno che speravamo non c'è stato e la neve non ha gelato.
verso il Gaggio, a 2100m.
Troppa nebbia...
Ci alziamo presto, la voglia di andare in giro è tanta, ma si scontra con la dura realtà della nebbia: fitta e a tratti fittissima. Ci incamminiamo verso la b.tta d'Albagno ma alla fine, complice un segno non visto all'unico bivio, percorriamo le orme di RP verso il Gaggio (2267m).
Ci fermiamo meno di 150 metri sotto la quota della vetta, prima del lungo traverso di cresta. Troppa la nebbia, torniamo indietro.
Finiamo di sistemare la bella capanna. Gli amici dell'UTOE ci sanno davvero fare! Li ringraziamo di cuore. Firmiamo il registro, siamo le presenze n. 162 e 163 dal 20 di settembre 2012 a oggi: la capanna Albagno gode di ottima salute davvero, e il SEI gliene augura ancora molta.
Alla prossima!
CP

domenica 21 ottobre 2012

capanna Tomeo (TI)

La proposta SEI questa volta si indirizza su un rifugio della Vallemaggia: la Capanna Tomeo. Si parte da Broglio (702 mt.) ad un ora decente del mattino, frizzanti frizzanti per la giornata molto bella.
Dopo aver costeggiato brevemente la valle principale, il gruppo SEI si intrufola nella stretta valle Tomè. Una valle selvaggia, ricca di boschi che si precipitano nelle acque trasparenti del torrente omonimo. Anche se è autunno avanzato, diversi di noi si attivano per raccogliere castagne e alla ricerca di funghi. Il sentiero sale con una moderata e costante ripidità, permettendo raramente di ammirare il severo paesaggio circostante formato da vegetazione, massi franati e pareti rocciose.  Solo in prossimita' della Capanna la valle si apre, mostrando le sue cime recentementeIMG_6823 innevate. La Capanna Tomeo (1739 mt.) è una piccola struttura del Patriziato di Broglio aperta tutto l'anno, con una decina di posti letto, materassi, coperte, stufa a legna, gas e pannello solare. Questa descrizione sarà utile ancora per alcuni mesi, dopo di che entrerà in funzione la nuova capanna, ora in fase avanzata di costruzione.
Una volta accesa la stufa per il tè verde portato da Ceylon e ricomposto il quintetto che in salita si era sfaldato, sotto un sole accogliente, un'ottima temperatura e un panorama che conferma la fine dell'estate, si consuma un frugale ma solido pranzo.
Nel primo pomeriggio visitiamo il vicino lago Tomeo, profondamente incassato tra cime chelago -t scendono pressoché a picco su di esso. Dopo aver destinato parecchio tempo alla preparazione della cena, la sera passa degustando liquidi e divorando la focaccia cotta nella stufa, nonché  i pizzoccheri ricchi di formaggio Bitto. 
La mattina seguente il gruppo ha un piano ben preciso, quello di tornare a Broglio per una valle il cui nome è tutto un programma: Val di Pertüs. La Capanna viene pulita ed IMG_6834areata dalle brezze insistenti della notte e quindi ci si mette in cammino verso l'alto. Quasi subito incontriamo neve molle. Da Casciano Piatto (2058 mt.), su un sentiero inc.p. parte tracciato, raggiungiamo il valico situato a circa 2150 metri. Il panorama è davvero interessante: Monte Rosa, le creste dell'Ossola, poncioni a scelta e, in fondo, il maestoso Finsteraarhorn. Dal passo alcuni del gruppo salgono fino ad una anticima soprastante da IMG_6865dove la vista è ancora piu' amplia.
Scendere nella valle di Pertüs risulta meno facile causa la neve sfaldata che raggiunge almeno i 40 centimetri di profondita'. Di seguito percorriamo orizzontalmente l'anfiteatro della valle alla ricerca del sentiero che conduce in basso. Qui incontriamo dei cacciatori che ci indicano approssimativamente la direzione per scendere. Dopo aver ravanato un poco troviamo la via e fisicamente ci precipitiamo nell'angusto pertüs conducente verso quote inferiori. MoltoIMG_6884 belle le tonalità autunnali dei boschi che tappezzano la parte inferiore dei monti.
Verso la fine della valle si incontra la strada sterrata che porta in alto verso la Cap. Soveltra ed in discesa a Monte di Predee (1001 mt.). Al termine del pranzo al sacco, il gruppo SEI si muove in direzione Vallemaggia, non prima di aver raccolto funghi e castagne ed aver confuso temporaneamente il sentiero alto che conduce a Broglio.
Circolare "superbucosa" (e non solo) Tomè-Pertüs-Prato portata a termine con soddisfazione!
Esteban

domenica 23 settembre 2012

alpe Alva e Cima di Negrös

bello il bosco a salire! No funghi...
Inizia l'autunno, e ci si ritrova in parecchi per questa prima uscita SEI del dopo l'estate! Sarà per il ritorno nel "buco" (in gergo, un luogo boscoso e di media quota che prende poco sole è, per il SEI, un buco), sarà per il fascino che esercita il motivo dichiarato dal Segretario SEI ("cerchiamo i funghi?"), ma in sette persone (tra soci e simpatizzanti) è difficile ritrovarsi, "decennale" di giugno a parte. 
Per trovarsi così numerosi occorre tornare esattamente a un anno fa, nella stessa situazione di ricerca funghi ma in altro "buco" (al rifugio Ai Tör, e con altri risultati).
alpe Alva (1570m)

Il buco di questa volta è l'alpe Alva (1570m), in stagione è sempre aperta, e si trova sotto la cima di Negrös (2182m). Lasciamo l'auto a Pön di Sopra (947m), al termine della strada patriziale (che non siamo sicuri manco di poter percorrere...) e siamo stupiti dal gran numero di auto parcheggiate lungo tutta la strada. La salita inizia subito ripida e si guadagna quasi tutto il dislivello nel tratto che va dalla partenza fino al bivio per l'alpe Motarina. Il percorso si snoda tutto in un bel bosco di faggi, quasi senza abeti, ma piuttosto secco per via delle poche piogge: e questo fa sì che la raccolta di funghi non sia fruttuosa, malgrado l'impegno di quasi tutti. Man mano che saliamo il bosco pare più umido e, nella seconda parte di sentiero, più favorevole all'ambiente del porcino per via di praticelli in ombra sempre più estesi, ma niente: nulla da fare. 
Niente funghi degni di nota, nemmeno quelli matti lungo la via, e comunque erano già passate altre persone.
dalla Cima di Negrös (2182m)

Arriviamo all'alpe Alva, che troviamo in perfetto stato. E' questa una capanna dotata di tutti i comfort: stufa, fornelli, acqua corrente, legna, camino, 24 letti e coperte. Ci diamo al pranzo all'esterno sotto un po' di sole: una buona razione di raki, la grappa che MP ha portato da Creta, ci consola dell'insuccesso funghesco. Il pomeriggio scorre morbido. A nord la vista sull'Adula ci fa capire da cosa derivi il nome di "Gana Bianca" di una sua anticima (dove fummo di recente). Di fronte abbiamo il Pizzo di Claro e in fondo scorgiamo il Piz de Molinera, sopra al nostro ben noto rifugio Brogoldone.
Dopo la scopetta di rito, partiamo per il giro pomeridiano: arriviamo sparsi all'alpe di Negrös (1799m) e al suo Cristo Redentore uguale (oh: uguale! Solo in scala) rispetto a quello del Corcovado. Guardare su Wikipedia per credere. 
delegazione SEI in alpe Stüell (1910m)
Dopo l'ispezione del rifugio, CP parte per la Cima di Negrös. Ci arriva ravanando tra ginepri e rododendri dopo aver raggiunto la cresta a volte seguendo la traccia, a volte no (come in discesa). Splendido il panorama dalla cima! Il solo fattore di disturbo (si fa per dire) è l'esposizione a ovest delle montagne più interessanti della zona (Cima di Precastello (2326m), Poncione del Venn (2477m), Poncione dei Laghetti (2445m)) che al tramonto non si vedono bene... CP scende contento e, ravanando maggiormente, fa alzare in volo ben 6 o 7 volatili cicciotti e pesanti che potevan essere dei fagiani. Tra l'ennesima scopetta e una briscola chiamata, si iniziano i preparativi per la cena (da Califfi, manco a dirlo): Nando ha già impastato la focaccia che lievita, CP taglia le verdure, a turno Esteban e Ale ci danno dentro nel ravvivare la stufa, soffriggere, assaggiare la prima bozza di vino, fare il brodo, ecc. 
E in poco è tutto pronto per l'aperitivo a base di Chimay e salsiccette di cinghiale. I soli due pezzi pregiati della ricerca funghi, due porcinetti, vengono consumati crudi a fettine con la focaccia ai porri. Poi, sotto di risotto con i funghi (secchi portati come piano B)!
bella parete tra Piavacra e l'Alva
La sera scorre morbida, anche con il mate che mancava da tempo, la notte pure e in un lampo (forse troppo) in cinque su sette siamo desti e pronti all'esplorazione della valle lungo il percorso della corsa Lodrino - Lavertezzo delle cui testimonianze è tappezzata l'alpe Alva. Ci sono parecchi posti da vedere qui, ma ci facciamo bastare, passando da Piavacra, l'alpe Stüell (1910m) che sorge in una bellissima posizione. E' un bivacco un po' spartano, specie nella zona notte, ma potrebbe tornare sempre utile: non è il lato "giusto", ma da qui la salita al Poncione Rosso (2505m), il vero signore della zona, è fattibile.
Dopo l'esplorazione, il pranzo con l'ultima bozza di vino e l'insalata salvata dall'andare in semenza presa dall'orto dell'alpe (privata) a fianco.
Rimettiamo tutto in ordine, firmiamo il registro e scendiamo in mezzo al grigiore di un'umida domenica ma senza pioggia. Le due uniche persone che incontriamo sono a passare il pomeriggio nella sottostante alpe di Larecc (1455m).
Alla prossima!
CP

domenica 26 agosto 2012

val Codera - p.sso del Barbacan - bivacco Valli

Questo agosto eccezionale per la montagna si conclude con un giro di due pernotti in val Codera e dintorni presso l'ottima struttura a Bresciadèga gestita da una delle memorie storiche della valle, il sig. Tarcisio. Porto con me due famiglie di amici del gas - Pavia e i loro figli: piccoli ma camminatori, donano una piacevole nota di colore alla gita.
Cose degne di nota:
  • il tempo è clemente, non prendiamo acqua mai;
  • sabato mentre Augsto corre al Pedroni, io vado finalmente a vedere giù del passo del Barbacan (non si vede nulla...giornata pessima!);
  • torno al Valli, sotto il Ligoncio e la Sfinge.
Qui le foto.
A presto!
CP




sabato 18 agosto 2012

valle Antrona - Punta di Saas - passo di Antigine

Dopo le Dolomiti, splendido giro di tre giorni e mezzo per l'alta valle d'Antrona tra Italia e Svizzera.
Sono pochissimi i luoghi nei quali avverto così forte il senso di lontanza, remotezza, solitudine e legame con la montagna come qui, da questa parti.
Mentre il fondo valle padano è scosso dall'arsure dell'anticiclone Lucifero qui in alto siamo al sicuro, al fresco e al cospetto di ampi panorami che si concludono contro i 4000 italo-svizzeri. Passiamo tre notti in tre bivacchi di lamiera diversi, due sul lato italiano (Camposecco e bivacco Antigine) e uno nel Vallese (il Cresta Bivak, non segnato sulla CNS 1:50000).
Meglio di tante parole possono le foto. Qui il link con le mie e qui il magistrale report tecnico di Nando (e altre foto). In pillole, ecco il riassunto del giro:

Avvicinamento: bacino di Campliccioli (ore 18.30) - bacino di Camposecco (bivacco);
Primo giorno: Camposecco - passaggio ENEL - bacino di Cingino - Antronapass - Cresta Bivak (bivacco);
Secondo giorno: Cresta Bivak - p.so di Cingino (Jazzilucke) - p.sso di Antigine (bivacco);
Terzo giorno: p.sso di Antigine - alpe delle Lonze - alpe Lareccio - alpe Larciero - bacino di Campliccioli.

Da segnalare, tra le mille cose di questi luoghi suggestivi, l'ascesa alla punta di Saas (3198m), all'Ofentalhorn (3056m) e la bella alpe Lareccio dove (chissà...) il SEI realizzerà la sua capanna sociale.
Forse.
Alla prossima!
CP

lunedì 6 agosto 2012

attorno alle Odle - rifugi Genova e Firenze

Splendido giro di inizio agosto, tre giorni.
Primo giorno: passo delle Erbe - Sas de Pütia - rifugio Genova;
Secondo giorno: rifugio Genova - forc. Pana - rifugio Firenze (e forc Mont da l'Ega);
Terzo giorno : rifugio Firenze - forc della Roa  - rifugio Genova - passo delle Erbe.

Link con le foto qui
Spero di dare la descrizione presto!
CP

domenica 22 luglio 2012

Tête Blanche de By - Rifugio Chiarella all'Amiante

Un giro aereo! Finalmente un giro in scenari non chiusi, umidi, senza luce (tranne la settimana del 21 giugno), sotto cime aguzze e inarrivabili. Finalmente non nel "buco". Il gran caldo, e l'assenza del Segretario SEI (Nando, che vive per il "buco"), spinge me (CP) e Andrea (PD) ad andare in alto, in val d'Aosta, per l'esattezza in val Pelline. 
la verde valle di Ollomont
Abbiamo rimandato questo giro di un anno esatto perché l'altra volta non c'erano le condizioni meteo, ma questa volta non c'è scusa... A dire il vero ci siamo spaventati non poco quando la mailing list del CAI Pavia (del quale siamo soci) ci avvertiva della gita sociale del CAI proprio al Chiarella. Ahhhhrgh! Telefono alla mano, parliamo con i gestori (di spiccata accento ligure) e meno male: la riservazione del posto per noi due è fatta. Siamo fortunati: al Chiarella ci entrano 30 persone, e con noi arriviamo a quota 27.
Incontreremo ben 25 soci CAI Pavia, ottimo!, e ci presenteremo finalmente! Dopo 13 anni. PD e io paritiamo da Pavia e arriviamo a Glacier (1549m) dove lasciamo l'auto. Controlliamo le targhe, ed effettivamente qualche auto pavese c'è. La salita parte ripida e si arriva, in un tripudio di sole e verde, a Farinet. Mentre saliamo, e si guarda giù a sud lungo la valle di Ollomont, si ammira il sorgere dei giganti vicino ad Aosta: Emilius e Grivola su tutti.
invaso di Farinet (2009m)

PD mi dice che da queste parti è venuto in auto-confino il presidente Einaudi, e poi capisco da Internèt quale fosse tra le case che abbiamo visto qualla che lo ospitò. Lo scenario si allarga meravigliosamente anche a nord ora, gli abeti sono spariti. Siamo al termine di un bell'anfiteatro di montagne, uno scenario aperto e terso incredibile. Giusto il tempo di guardare in basso l'invaso artificiale di Farinet, e lungo la strada asfaltata, tutto a destra, si vede dove occorre arrivare: il brillare del pannello solare del rifugio ne tradisce la presenza. Molto sulla sinistra rispetto al Chiarella c'è anche il bivacco Savoia (2674m) ma non lo vedo. Usciti da By sbagliamo a continuare per la strada asfaltata seguendo un gruppo di francesi, torniamo quindi indietro e troviamo il bivio giusto che lascia la strada. Ancora un po' più su (siamo oltre i 2100m) e troviamo la Panda 4x4 dei malgari della Tsa de la Commune (2303m) parcheggiata di lato al sentiero (MP sarà contento che si può arrivare qui con l'auto).
le cime verso nord
Appena sopra la malga notiamo la colonna del CAI: eccoli! Non ci paiono 25...sembrano meno. Passiamo dalla malga, ci sono persone al lavoro intente a mungere le mucche, e poco dopo raggiungiamo la colonna CAI. 
Saliamo insieme, il loro gruppo si è sgranato e i precursori CAI sono alla base dell'ultima salita ad aspettare, prima delle corde e del Chiarella. Siamo ormai sulle rocce. La salita tira non poco, e l'ultima parte è su una scaletta di metallo con corde per superare i forse quaranta metri di dislivello, gli ultimi prima del dosso sul quale sorge il Chiarella (2982m).
Ultima salita (intorno ai 2600m)
Il rifugio non è grandissimo, ma ben organizzato con una camerata, la cucina e una sala piuttosto lunga con due tavoli e la stufa. Esternamente c'è il locale aperto anche d'inverno (senza stufa).
Non siamo soli: ci sono due giovani che hanno portato con loro in spalla due mountain-bike(!) e, caschetto in testa con web-cam montata, si picchiano di sotto per filmare una
discesa a rotta di collo...ho poi cercato il video senza successo.
il rifugio Chiarella (2982m)
L'altro gruppo è costituito da due guide alpine e due clienti che hanno intenzione di affrontare l'ascesa sul Grand Combin, il gigante della zona. Stimano di essere indietro in 14 ore, partiranno alle ore 3.00 del mattino.
Dopo pranzo (nel quale faccio la prova delle spettacolari trofie al pesto del Chiarella!), il pomeriggio scorre lentamente, tra giocate a carte, quattro chiacchere, un giretto fuori ad ammirare il panorama: rocce severe intorno, in fondo la valle verde e un'incantevole contorno di cime come cornice. Sale il vento, si inizia a far fatica a stare fuori. Dopo la cena, a base di altre trofie al pesto, un giro di grappe e siamo subito a dormire.
Il giorno dopo, tempo splendido e senza vento. La colonna CAI, e noi due, si muove per andare al cospetto del gigante, sulla Tête Blanche de By (3418m).
Sappiamo che i 4 alpinisti non ce l'hanno fatta: troppa nebbia, non c'erano le condizioni per salire e quando usciamo loro sono a riposare nell'invernale.
passaggio di Col du Gabelou (3129m)
La salita è piuttosto dolce, l'unico pezzo "problematico" (non ora, ma con ghiaccio o con il bagnato può esserlo) è il passaggio a Col du Gabelou (3129m): una strettoia esposta da dove occorre passare se si seguono i segni. Passato questo, la salita riprende e si può ammirare il sorgere del Monte Bianco! Fantastico.
Arrivati alla Tete Blanche de By si è al cospetto dei signori delle Alpi, sensazione questa che non provavo dal 2005 (Grivola, Testa Rossa(3600m) con Nando).
Monica e il Grand Combin
Il Grand Combin(4314m) è davvero impressionante: nero della roccia, ghiacciai con sfasciumi e costoni impervi lo rendono severo e respingente in forte contrasto con il sereno di tutto l'azzurro e la splendida giornata in cui siamo immersi. Silenzio e foto. In lontananza due alpinisti traversano sul ghiaccio nero sotto la Gran Tete.
Scendiamo contenti. Firmiamo il registro, facciamo lo zaino e  ci prepariamo a tornare a Glacier.
Grazie al CAI di Chiavari e ai suoi volontari! Quando si danno il cambio al Chiarella salgono con la tolla di pesto autoprodotto in spalla. Grazie al CAI Pavia per la splendida compagnia! 
Grand Combin (4314m) - vista dalla Tête Blanche de By.
In particolare a Andrea B. e Monica, gli ottimi capi-gita, Mauro B. per il filmato di tutta l'escursione e Davide B. a cui il SEI un piacevole soggiorno in California dove si tratterrà nei prossimi anni (giovane, visita Yosemite mi raccomando).
Capiterà di sicuro di rivederci per organizzare un'altra escursione magari di più giorni. La val d'Aosta non tradisce mai, alla prossima!
CP

sabato 14 luglio 2012

Il Presidente alle Filippine

E' un vero piacere per CP-webmaster postare un nuovo racconto di viaggio di Ignazio, il nostro Presidente SEI, che, ancora di stanza a Taiwan, ha trovato qualche giorno da trascorrere alle Filippine in compagnia di Esteban. Da qualche tempo, una volta all'anno, i due si ritrovano in Asia.
A voi!

--------------------
La prima visione è decisamente "infernale". Più precisamente, richiama in modo irresistibile la descrizione della prima delle Malebolge:

"come i Roman per l’essercito molto,
l’anno del giubileo, su per lo ponte
hanno a passar la gente modo colto, 30
che da l’un lato tutti hanno la fronte
verso ’l castello e vanno a Santo Pietro,
da l’altra sponda vanno verso ’l monte",


allo stesso modo gli utenti di questa metropolitana sovraccarica si dispongono ordinatamente su due file, a seconda della direzione che devono prendere. E mantengono questa disciplina anche quando, come nel caso presente (una fermata periferica, all'inizio d'una giornata lavorativa), una delle due linee è semivuota e l'altra fin troppo affollata; sicché la mia prima impressione di Manila è di un traffico sì caotico, ma non in modo così estremo: ho visto di peggio. Semmai c'è da lamentare che le indicazioni sulla direzione sono fornite solo (per quanto posso capire) quasi all'ingresso ai binari, col rischio per il viaggiatore inesperto di farsi una lunga coda inutile (o peggio: da quanto vedrò in seguito, passare dall'altro lato è un'operazione tutt'altro che banale); per fortuna, in questa prima occasione la fila da me imbroccata si rivela quella giusta.
Manila vecchia
Sono appena arrivato e mi reco all'appuntamento con Esteban. Dalla sopraelevata ho qualche prima impressione della città, ma siamo troppo stipati per poter guardare bene. In compenso, giungo al luogo dell'appuntamento con largo anticipo e per ingannare il tempo mi studio i murales sulle pareti di una scuola, dedicati all'amicizia sino-filippina. Un'occasione per ripassare un po' di caratteri cinesi: curiosamente sembrano essere quelli tradizionali, tuttora usati a Taiwan e Hong Kong, ma non nella Cina vera e propria. Tra un dipinto e l'altro, scritte che avvertono del divieto di vendita alcoolici a meno di cento metri dalla scuola e che invitano a non usare il clacson per non disturbare le lezioni (quest'ultima è una dimostrazione di ottimismo quasi patetica in tanto traffico). Da questi avvisi, come dalla pubblicità nella metro, ho modo di notare che l'inglese sembra diffuso quanto il filippino (tagalog): è la prima volta, in Asia, che l'avverto come un idioma davvero usato quotidianamente e non solo un'utile lingua franca (una parziale eccezione all'allofonismo era stata Singapore, ma appare meno significativa). Effetto, suppongo, della colonizzazione statunitense: anche le targhe delle auto richiamano fortemente lo stile nordamericano. Molto piu' frammentarie, invece, le tracce dello spagnolo, vistosamente presente quasi solo nei nomi di posti e persone.
il traffico di Manila

Nell'attesa curioso anche tra gli scaffali di un emporio, dove mi attende la sorpresa di confezioni di pasta con nome in cinese e istruzioni rigorosamente solo in coreano (almeno, suppongo sia tale; ma per quanto ne so a Seoul usano un alfabeto sufficientemente unico da non suscitare equivoci): da quanto avremo modo di vedere poi, le Filippine devono essere una delle mete balneari piu' popolari in Corea. Piu' piacevole la scoperta che qui le bottigliette di succhi di frutta o tè contengono spesso anche qualcosa di piu' solido e delizioso (dagli studi successivi, sarei tentato di credere che si tratti di gelatina di cocco).
Finalmente arriva Esteban. Causa un tentativo di furto (ha salvato all'ultimo istante lo zaino in procinto di involarsi dal bagagliaio dell'autobus), puo' informarmi che gli indigeni non sono del tutto amichevoli. Per fortuna sarà l'unico episodio spiacevole: nei tre giorni successivi non abbiamo avuto alcun problema, anzi la maggioranza di coloro con cui abbiamo a che fare si mostra gentile e amichevole. Persino le offerte di scarrozzarci in giro non saranno troppo insistenti (con qualche eccezione, ma non al livello di altre località asiatiche). Sul lato criminalità, va comunque segnalato che raramente mi è capitato di vedere così spesso guardie armate: agli ingressi di metro, uffici pubblici, centri commerciali, aereoporto, etc., poliziotti o vigilantes privati ci fanno passare al metal detector o ci sottopongono ad una rapida perquisizione e richiedono l'apertura degli zaini. Controlli in genere molto rapidi, a quanto posso giudicare condotti piu' per formalità che perché lo reputino necessario; ma è comunque piu' di quanto ricordi di aver visto in altri paesi.

il SEI per mare, nonostante
il tifone in lontananza, verso Mindoro
Sistematici senza troppe difficoltà in un alberghetto economico (nelle scale troneggiano due macchine da scrivere antediluviane, a ricordare al sottoscritto il clavicembalo scrivano che fece perdere a Paperone così tanti dollari [http://coa.inducks.org/story.php?c=I+TL++357-A]), si fa il giro dei cambiavalute, in cerca del piu' conveniente, impresa complicata dalle sfavorevoli oscillazioni dell'euro. Curiosamente, questa branca dell'attività bancaria qui sembra appanaggio della minoranza islamica: in ogni negozietto campeggiano scritte in arabo ed in piu' casi ci accolgono signore velate, una vista altrimenti per nulla comune nelle strade di Manila.
Superate le ore piu' calde della giornata con una siesta decisamente necessaria dopo la notte in aereoporto, iniziamo finalmente ad esplorare l'offerta turistica del centro storico. In realtà non c'è molto che sia sopravvissuto ai bombardamenti e anche quel poco non ci impressiona piu' di tanto: della visita alla chiesa piu' antica della città ricordo quasi solo la sorpresa di sentire che celebravano messa in inglese. Per le strade e nei cortili si vedono gatti in abbondanza: me li fa notare Esteban e mi rendo conto che per qualche misterioso motivo a Taipei invece sono un incontro piuttosto raro (mi ricordo ora che ci sono alcuni paesini a Taiwan che sono famosi per i gatti: forse un'altra indicazione che di solito qui non si trovano). Un violento acquazzone vanifica il piano di assistere al tramonto sulla baia e il tentativo di Esteban di procurarsi una birra si scontra col divieto di vendere alcoolici a poca distanza dalle scuole; per concludere in bellezza, ci resta pero' il momento del durian.
Mindoro - la barca presidenziale
Avevamo letto sulla guida che a Manila ci sono alcuni dei centri commericali piu' grandi del mondo: ci rendiamo conto di cosa significhi quando entriamo nel Robinsons Place (che a quanto sembra non sarebbe nemmeno uno dei piu' grossi), alla ricerca di un supermercato ove comprare il frutto celebrativo. E' solo dopo un buon quarto d'ora di cammino tra dozzine di negozi che riusciamo a trovare quello che ci interessa. Sbrigato l'acquisto, son quasi le dieci: con nostra sorpresa, improvvisamente le luci iniziano a spegnersi e le saracinesche ad abbassarsi - a quanto pare, questi megamercati la notte dormono! Ne fa le spese il mio desiderio di sperimentare bevande esotiche: il negozietto che avevo adocchiato poco prima è ormai chiuso e devo accontentarmi di un te' alla frutta non troppo diverso da quanto potrei trovare a Taipei. In compenso, il durian (cui il sottoscritto ha aggiunto la morbida dolcezza di un frutto del drago) viene consumato in un'atmosfera curiosa e suggestiva, nella penombra del centro commericale ormai quasi deserto, appollati su un tavolino che poco prima serviva ad esporre non ricordo quale merce, un raccoglimento certo appropriato alla degustazione di un frutto ormai per noi così significativo.
Mindoro - esempio di villaggio agiato
Il giorno dopo, si parte per il sud. Manila non ha una vera e propria stazione degli autobus, ci sono invece aree dove varie compagnie fanno partire i loro mezzi; l'impiegato dell'ufficio turistico ci ha indirizzati a quella sbagliata per raggiungere la nostra meta, ma nella confusione del corso "Epifania de los Santos" (Edsa) è difficile capirlo e solo dopo aver raccolto una quantità sufficientemente coerente di informazioni dagli indigeni riprendiamo la metro per pervenire finalmente al pullman di nosto interesse.
Del viaggio fino al porto di Batangas ricordo quasi soltanto l'acquisto, in una sosta, d'un pacchettino di banane fritte, che mi riconcilia con tale versione del frutto (mi era capitato di assaggiarne già molti anni fa, trovandolo all'epoca disgustoso: plausibile che i mie gusti siano cambiati con l'accumularsi dei lustri); anche la breve traversata in mare non presenta particolari incidenti e resta memorabile, oltre che per i bei panorami tropicali, soprattutto per la nostalgica rievocazione dei praho salgariani procuratami dai bilancieri della nostra nave. Arrivati alla meta, il paesino di Puerto Galera, nell'isola di Mindoro, troviamo sistemazione in un'economica cameretta e facciamo ancora in tempo per una prima nuotata. In serata, notiamo dalla spiaggia una lontana tromba d'aria. Una grossa delusione per il sottoscritto è la scarsa offerta di frutta tropicale e bevande derivate: in particolare mi ha lasciato negativamente sorpreso che a Puerto Galera i bar sulla spiaggia vendessero bevande stile europeo-nordamericano, ma non frullati di mango o papaya; per questi avrei poi trovato un negozietto, purtroppo molto meno attivo di quanto non avrei desiderato.
Mindoro - una cascatella

Il mattino seguente è dedicato ad un'escursione per vedere una cascata: qualche chilometro di piacevole cammino (temperature a parte) prima lungo la spiaggia e poi in una giungla non troppo selvaggia. Esteban dovrebbe aver preso qualche foto; io mi limito a rievocare le splendide farfalle multicolori, nonché un paio di villaggi indigeni, il primo un'accozzaglia di baracche, il secondo invece costituito in gran parte di casette che suggeriscono una certa agiatezza, tanto da farci ipotizzare che agli autoctoni sia arrivato qualcosa di piu' delle briciole dei soldi portati dal turismo. Nel pomeriggio, si torna in mare; il sottoscritto non ha attrezzatura, ma Esteban mi presta maschera e boccaglio, dandomi modo - per la prima volta in vita mia - di ammirare direttamente l'incanto delle acque tropicali: tra gli scogli, pesci angelo, altri azzurri, uno scorfano, ancora molti pesci di varie altre specie a me ignote, grandi stelle di mare (le piu' belle blu), coralli di vario tipo, anemoni e ricci di mare, etc..

"Suave, mari magno turbantibus aequora ventis,
e terra magno alterius spectare laborem:"

quella sera dalla spiaggia possiamo goderci la spettacolare visione di due tempeste in contemporanea, a 
decine di chilometri da noi. Troppo lontane per sentire anche solo i tuoni, ma, come avevo già accennato, ci viene offerto un vero tripudio di fulmini, quasi tutti aria-aria, tra i quali ne voglio ricordare uno che vidi descrivere una circonferenza quasi perfetta.
Mindoro - una barca

Il quarto giorno ci separiamo: Esteban resta a Puerto Galera, mentre io torno a Manila, dove in serata avro' il volo per Taipei. Abbiamo ancora il tempo di fare colazione insieme sulla spiaggia: una venditrice ambulante si ferma a fare due chiacchiere e apprendiamo che, nonostante la mancanza di velo, si tratta di una musulmana. Quasi l'ultima visione che ho di Mindoro, dalla barca, è un macaco che corre tra le rocce, un paio di metri sopra il mare.
 Stefano vi ha già descritto le jeepney: io ne faccio esperienza al porto di Batangas, prendendole per recarmi al centro (facendo forse parte del viaggio a sbafo: un resto consegnatomi dal conduttore sembra decisamente eccessivo, ma al momento ero troppo preso dal problema di capire dove scendere per preoccuparmene) e da lì salgo sull'autobus per Manila. Nella capitale approfitto delle varie ore ancora a mia disposizione per un secondo giretto per il quartiere storico di Intramuros: visito il forte spagnolo per cui non avevamo avuto tempo il primo giorno (una mezza delusione anche questo) e, piu' importante, provvedo all'acquisto di qualche cartolina (sia da spedire che come souvenir per il sottoscritto, tuttora ostinatamente privo di macchina fotografica). Tra questa "costosa" compulsione (in tutto il viaggio ci avro' speso un sette od otto euro, inclusi i francobolli) e le viziose abitudini goderecce espressesi nel mangiucchiare qualcosa per strada e provare bevande piu' o meno tipiche (Esteban potrà riferirvi dei maestosi sviluppi della panza presidenziale), consumo senza accorgermene la quasi totalità della valuta locale rimastami, costringendomi a cambiare un altro duecento dollari taiwanesi (circa 6 euro) a condizioni assolutamente sfavorevoli. Nemmeno in quest'ultimo giorno riesco ad ammirare il tramonto sulla baia: me lo godo invece dalle mura del centro storico, affollate di coppiette alla riceca d'atmosfera romantica.
Infine, arrivo confusamente a Edsa, dove dovrei prendere il bus per l'aereporto: nel caos della zona, per di piu' aumentato da alcuni miei errori di percorso, finisco in condizione pericolosamente vicina al panico e, non essendomi chiaro quando sarebbe passato il primo mezzo pubblico o se lo stessi aspettando nel posto giusto, quando un tizio si offre di chiamarmi un taxi per i duecento peso rimastimi in tasca non riesco a dirgli di no in modo convincente. Mi rimangono ancora gli spiccioli, con cui cerco di pagarmi una qualche cena, desiderio parzialmente frustrato dalla differenza di cinque peso tra le finanze a mia disposizione e la mercanzia che mi appare piu' appetibile: a mia beffa, qualche settimana piu' tardi avrei trovato, persa nei recessi del portafogli, proprio una moneta da cinque peso.
Il volo di ritorno è contraddistinto da un'aria condizionata troppo forte per il mio fisico: rientro con un gran bel raffreddore e tuttora, a oltre un mese di distanza, la tosse non mi e'  passata del tutto.

Saluti,
   Pant d'Or

sabato 30 giugno 2012

monte Cistella - bivacco Leoni


CP non ha partecipato a questo giro, e allora alla domanda: Come è andata sul Cistella? Nando rispose così via email. A voi!

-----------------
Guarda, ti direi "cosi` cosi`" (una parte di me ha a lungo rimpianto di non essere andata in un buco a media quota):
- venerdi` un'ora di coda in tanga. Partiamo alle 21.35 da Foppiano.
Alle 23.30 al rifugio Crosta. Notturna avvolti in afa opprimente.
- Rifugio confortevole (solo noi e i gestori), ma colazione scarsa.
Tra l'altro rifugio sempre aperto e gestito tutto l'anno (vedi sotto).

- Sabato mattina piacevolmente risaliamo il vallone di Solcio fino alla bocchetta q.2550.
Fin qui potrebbe essere anche una bella primaverile (aprile, direi, o anche maggio se freddo), ma che richiede neve molto sicura. Pieghiamo a destra (e capiamo gli intorti delle altre 2 volte, con Renzo e con te) e, in atmosfera sempre piu` fosca, arriviamo sul piano di Cistella alto e quindi al bivacco. Sono le 11.45.
- Quivi, in mezzo a nebbie piu` fitte, aspettiamo tutto il pomeriggio vanamente una schiarita. Nel frattempo sistemiamo un po' il rifugio, dove si è verificato il fenomeno che Tim, a proposito di Ragozzale, chiama "Verschimmelung", "ammuffimento". In un'oretta rendiamo il piano di sotto piuttosto confortevole (ci sono gas, stufa, legna e, grazie alla presenza ancora di nevai, acqua corrente subito fuori). Non altrettanto possiamo dire del piano di sopra che, a causa della muffa e dei roditori, ha un odore rivoltante (Giacomo: forse meglio che non sia venuta Katia). Ad ogni modo, stendiamo fuori le coperte al poco sole che filtra e riusciamo almeno ad asciugarle. Ci sono piani per risanare e ampliare il bivacco, ma mancano soldi.
- notte al piano di sotto, su panche e brande, un po' scomoda.

- Al mattino, niente e` cambiato. Anzi, al risveglio la visibilità sarà di 20 metri. Inutile andare 'ncoppa. Poco prima di scendere, alle 8.30, l'ultima beffa: per un attimo compaiono il sole e il cielo azzurro e si vede la cima del Diei. Proviamo ad aspettare, ma dura solo un minuto. Si ripiomba nel grigiore. Alle 8.50 desistiamo e
scendiamo. Arrivati al passo, ci accorgiamo che le nuvole sono solo sopra i 2600-2700. Tra l'altro (verifico oggi sul sito dell'Arpa Piemonte) l'effetto e` che a 2800 metri (quota del bivacco) ieri c'erano 5/7 gradi  (quantomai opportuna la stufa). Mille metri piu` in basso, la temperatura arrivava a 20. Sotto e` uggioso, ma limpido. Lunga discesa fino al Crosta e a Foppiano.

Ecco il link con le foto
N.

sabato 23 giugno 2012

alla festa in alpe Cingòra!

alpe Cingòra, la sera
E' un vero piacere essere presenti all'alpe Cingòra durante la festa annuale che il Consorzio indice nel mese di giugno. Quest'anno, poi, al piacere si aggiunge un reale motivo di orgoglio in quanto la festa non è stata pubblicizzata in valle Anzasca e dintorni, ma è fondamentalmente un momento di incontro per i soli alpigiani. Oltre all'ospitalità più volte raccontata su questo blog, è anche grazie al contatto permanente di Esteban con Juri, un alpigiano, se riusciamo a essere ugualmente presenti e a goderci le due giornate di festa insieme. Saliamo in ben cinque, due soci SEI e tre simpatizzanti tra cui Silvia, alla prima uscita con noi altri bombi.
la Miniera dei Cani (1475m)
Non avendolo mai percorso durante la bella stagione non mi immaginavo che il sentiero si svolgesse per una buona metà alla frescura dell'ombra degli alberi delle medie quote! Che bello...e meno male, dato il caldo del periodo e il sole a picco dell'altra metà di percorso. Saliamo in meno di un'ora e siamo subito sul bel balcone sopra la valle Anzasca dal quale s'affaccia l'alpe Cingòra. Si guarda insieme il panorama dallo spiazzo più grande dell'alpe, nei pressi della fontana sul cui fondo, cullate, già aspettano al refrigerio delle belle bottiglie di vinello.
piacevolmente, tra amici.
Salendo abbiamo incrociato Mirella, suo figlio con moglie, e i nipoti ma non la riconosciamo: solo una volta su tutti quanti ci salutiamo e conosciamo finalmente Juri, il nostro contatto mailistico, e la sua famiglia. Ritroviamo il bivacco come lo ricordiamo: accogliente, semplice, con tutto quello che serve (cucina a gas e il necessario per la cucina) e i suoi 6 posti letto.
Dopo un pranzo frugale, il pomeriggio scorre tra la conscenza di nuovi alpigiani e il bighellonare qua e là in giro. A questo proposito, Esteban e io andiamo alla Miniera dei Cani che si trova dietro la Cingòra sullo stesso lato della valle Antrona. Doveva essere un luogo dove cavavano metallo, a giudicare dal colore rossastro delle rocce nelle vicinanze. 
Mitico!!! Il nostro G.

Stiamo via un'oretta e mezza, poi i preparativi per la cena del pre-festa impazzano e ci caliamo anche noi nel turbinìo degli eventi. Il luogo della cena è, appunto, il bivacco dove sono state poste due lunghe panche per ospitare le circa 30 persone che siamo, tra adulti e bambini.
La cena è parecchio buona, si ride e ci si diverte. Dopo cena, giochiamo a scopone con gli alpigiani e perdiamo. Doniamo all'alpe della grappa che in buona parte, chi piu' chi meno, si beve la sera stessa originando un altro caso di ubriachezza SEI  (forse meno molesta della Bovarina 2012) finita poi bene.
domenica, durante i preparativi
Il giorno dopo è il giorno del pranzo della festa! Arrivano su altre persone, tra cui un leggero sedicenne che fa la salita in 38 minuti! Potenza della gioventù... Il pranzo si svolgerà all'aperto nello spiazzo e siamo molti più di ieri sera. Tra corse di bambini e piacevoli chiaccherate, pranziamo immersi in un'atomosfera sempre rilassata. Dopo pranzo, giochiamo a scopone con gli alpigiani e perdiamo.
Scendiamo non molto tardi, dopo aver salutato tutti i nostri amici e ospiti favolosi con la promessa di tornare. Siamo rimasti ancora una volta davvero colpiti dall'accoglienza e dalla generosità delle persone dell'alpe Cingòra. Ringraziamo in particolare Mirella, Giovanni, Riccardo, Juri e famiglia, e tutte le donne che han preparato cena e pranzo di una festa che resterà a lungo nei nostri cuori.
Evviva l'alpe Cingòra! 
Evviva il SEI!
CP

sabato 16 giugno 2012

Decennale in capanna d'Afata (TI)

Questo fine settimana il programma e` un po' diverso dal solito. Si festeggia il mio quarto decennale e per l'occasione si e` scelto di camminare poco e nutrirsi molto (non che di solito si digiuni, ma stavolta le scorte alimentari sono particolarmente ricche). Occorre dunque stabilire una destinazione che abbia le seguenti caratteristiche: 
  • non troppo lontana da raggiungere;
  • sufficientemente appartata, in modo da godere di probabile solitudine (non che la compagnia di altri escursionisti ci dia fastidio di solito, anzi: e` piuttosto il nostro gruppo, stavolta alquanto numeroso - siamo in 8 - e rumoroso che potrebbe creare problemi);
  • sufficientemente confortevole.
capanna d'Afata (1678m)
erta la via per la capanna...
Dato che sono io il festeggiato, non puo` che toccare a me decidere. Penso ai posti dove sono gia` stato e a quelli dove da tempo vorrea andare. Cerco anche un po' qua e la` su internet, e alla fine decido che la capanna d'Afata, gia` da noi visitata velocemente nel 2009 poco prima dell'apertura del nostro blog (in agosto, precisamente). L'unico dubbio riguarda l'acqua: sara` gia` aperta? Il problema e` abbastanza rilevante, perché la capanna sorge su un cucuzzolo e se la tubatura non e` collegata il reperimento diventa abbastanza problematico. Per non correre rischi provo a contattare il responsabile e il patriziato nei vari numeri telefonici che trovo in rete: niente. Alla fine mi rispondera` per email il comune di Giornico, ma... quando siamo gia` partiti. Ad ogni modo decidiamo di fidarci e, in effetti, alla partenza del sentiero (Orsino, un gruppo di rustici presso Chironico) due persone ci confermano che l'acqua e` aperta.
bombi in libertà
erta pure la via per il filo d'Afata!
Il percorso per il rifugio è come ce lo ricordavamo: un sentiero discontinuo e un po' "rustico" anche lui, in prevalenza nel bosco: nella prima parte ripido, quindi ripidissimo. Saliamo ansimando per la gran afa, intortandoci un paio di volte ai bivi, ma alla fine arrivando senza troppi problemi. Impieghiamo pero` piu` di due ore: non me lo sarei aspettato, visti i soli 900 metri di dislivello; d'altra parte il caldo e le deviazioni hanno fatto pagare dazio. In compenso il posto mi piace tanto (forse ad altre persone del gruppo, un po' meno, vista la faticaccia per arrivarci: ma tanto stavolta la festa e` mia...): un bel rifugio ben tenuto e confortevole in un ambiente idilliaco e fuori dal mondo.
filo d'Afata (1968m) e Forc. d'Afata (2005m)
Sono le due del pomeriggio, e il numeroso gruppo (almeno per i nostri standard) puo` dedicarsi alle occupazioni preferite. Chi gioca a carte, chi comincia a preparare cibo, chi sale sul filo d'Afata (altri 300 metri di dislivello su traccia, diciamo, da inventare), chi si immerge nella fontana, chi fa meditazione yoga (l'amico indiano del Presidente SEI, venuto in Sua rappresentanza appositamente da Parigi), ecc. ecc.
Pizza fritta! Da veri califfi della cucina...
Trascorso il pomeriggio, la cena non tradisce le attese: mix di antipasti italiani e giapponesi, pizze fritte - ricetta di Corrado (amico di CP dei verdi anni d'Universita' pavese) - e grigliatona di maiale (e questo crea qualche piccolo problema all'amico indiano e vegetariano, peraltro invero molto tollerante, per cui il porco è bestia impura).
Ceniamo all'aperto e restiamo fuori a parlare e a libare fino all'imbrunire: quindi ci spostiamo all'interno facendo luce con la nuova meravigliosa lanterna da campeggio di CP.
è sera....Nardini e scopetta

Per una volta non accendiamo né stufa né camino, perché non ce n'è bisogno: da quanto non succedeva. Scopetta serale, e tutti a nanna chi dentro il rifugio, chi fuori sulla nuda terra. Il sole del non primissimo mattino è già caldo e la mattinata scorre tra un giro vicino lo strapiombo con croce, panorama e panchina sul Matro e sul Piz di Strega e una partitina a carte.
panorama sulla Leventina
Incontriamo diverse persone: si vede che questa è la prima domenica di sole e caldo dopo un lungo periodo! Prima un signore con un bel cagnolino venuto a verificare lo stato della capanna in vista di una gita con diversi amici programmata per la prossima domenica, e poi un gruppo di quattro persone tra cui un socio della Società dei Cacciatori locale che ha costruito fisicamente la capanna dove siamo. "Vedi questo pietrone? L'ho posato io...che fatica", indicando un grosso masso sull'angolo tutto in basso a sinistra rispetto all'entrata. Facciamo conoscenza e quattro chiacchere sui luoghi qui attorno. Alla fine dobbiamo risultargli simpatici perché ci omaggia di una tavoletta di cioccolata.
Pranziamo con polenta e verdure e, prima di affrontare la dura discesa dalla stessa parte dove siamo saliti, un mate di commiato con Esteban: lo rivedremo a settembre inoltrato. Lasciamo tutto a posto, l'offerta per il pernotto e l'utilizzo della capanna direttamente nelle mani dell'amico cacciatore. 
Alla prossima! Che sarà tra non molto...il SEI sta uscendo parecchio.
Nando