domenica 7 dicembre 2014

alpe Peurett - salita e discesa

Finalmente uno spiraglio di bel tempo e, in un numero insolitamente elevato di partecipanti, partiamo alla volta di Claro per salire all'alpe Peurett (1742m) sotto il Pizzo di Claro (2727m), pizzo in cima al quale prima o poi mi dovrò pure avventurare...
900m ed è subito bel bosco
Dopo esserci informati sulle condizioni per la permanenza presso il Patriziato di Claro, il luogo di questa nuova gita S.E.I. viene scelto sulla base della novità ("una figurina nuova nell'album delle capanne"), della possibilità del giro domenicale e dell'esposizione particolarmente felice in questa stagione di passaggio. La presenza del lago di Canee (2198m) a poche centinaia di metri dal rifugio invoglia addirittura qualcuno a portare con sé una canna da pesca...
Sappiamo che appena sopra il paese di Claro c'è una sbarra e, con nostra sopresa, la tariffa per percorrere la cantonale che porta al monastero o a Maruso e Moncrino è aumentata di brutto! Ora siamo a quota 10 CHF (o 8 euro) per ogni automobile... Ma tant'è. Lasciamo l'auto a  quota 817m in uno spiazzo per il parcheggio e, dopo esserci assicurati che quello fosse il sentiero giusto (nessun segno...abbiamo chiesto a un motociclista), inziamo a salire alla volta di Bens (1150m). 
Bens (1150m circa)
Fin da qui sotto notiamo che il sentiero è perfettamente agibile e ben mantenuto. Inoltre, dato che da diversi anni si corre da Claro al pizzo (2500m d+), si notano spesso i segni per i corridori che permettono di tagliare quando il sentiero normale si dilunga in pieghe e tornantini. Arriviamo a Bens in pieno sole con il panorama che spazia sulla Riviera e sulla Leventina: splendido, come anche la vista dei "buchi" in primo piano di fronte a noi.
Da qui inizia il tratto più erto, con 350m buoni di salita veramente ripida, ma mai pericolosa, lungo il bosco. Siamo quasi in cima al tratto ripido che una presenza fuggitiva ci appare: un giovanotto corre rapidissimo in discesa a torso nudo. Gli chiedo se al lago Canee ci sia neve, e si disperde subito svelto dopo essersi molto gentilmente fermato per rispondermi. Finalmente, 30m sotto la capanna, compaiono i primi cartelli con i toponimi: siamo arrivati al sentiero che collega, stando in costa, l'alpe di Pèu con la capanna Brogoldone sotto il Pizzo di Molinera.
sotto l'alpe Peurett
Alle ore 14.00 circa siamo sul posto, dopo un paio d'ore dall'auto. Il luogo dove sorge l'alpe di Peurett è una splendida radura anche in questa stagione assolatissima. Riconosciamo sopra di essa il posto dove, incastonato, è presente il laghetto di Canee. I primi entrano in capanna, qualcuno indugia fuori tanto è piacevole il sole. Voci da dentro dicono che non c'è la legna, strano - si pensa - perché il Patriziato ci ha assicurato che ci fosse... Cerca che ti ricerca, effettivamente, la legna manca. Leggendo il libro del rifugio (alpe che conta pochi pernotti all'anno) si nota come già in agosto un escursionista annoti la mancanza di legna. Prese in esame le diverse possibilità (andare al Motto, andare giù, stare comunque, andare a Pèu a cercare legna) decidiamo di tornare a casa.
i sodali del giro
Siamo un po' mogi, ma come spesso accade a chi vede questi contrattempi come delle possibilità, ripassando per le baite sopra Bens incontriamo un signore di queste parti al quale raccontiamo l'accaduto (è uno del Patriziato!) e, anche grazie alle spiccate doti di pubbliche relazioni S.E.I., siamo invitati per una merenda nella baita di due simpaticissimi giovani di queste parti che con caffè, panettone, torta, nocino, vino  e grappa, allietano il nostro pomeriggio. 
dopo il bosco, il lago Canee (2198m)
Tornati alle auto decidiamo comunque di passare la serata insieme auto-invitandoci da Alessandro (che si presta comunque volentieri) per consumare i generi alimentari ed enoici previsti per la gita. 
Prima dei saluti, e del ringraziamento al Presidente S.E.I, ricordiamo la seconda nota dolente della gita. In discesa nella parte ripida, Elena, scivolando, ha appoggiato male il polso procurandosi una dolorosa slogatura.
il sodalizio a cena
Ne avrà per sette giorni di fasciatura. Il S.E.I. tutto le rivolge i più sentiti auguri di pronta guarigione e di pronto rientro nelle nostre gite! E anche per questa volta, è tutto.
Evviva il Presidente!
Evviva il S.E.I.!
CP

domenica 23 novembre 2014

Frasnedo - Valle dei Ratti

Una giornata di sole in questo autunno piovoso. Difficile farsela scappare proprio oggi che sono con amici ospite dell'ostello il Deserto di Chiavenna. Parto sul presto in compagnia di Sergio e Sathia per la valle dei Ratti, passando prima alla trattoria il Sert di Verceia per prendere il permesso per accedere alla strada di montagna.










Lasciamo la macchina sui tornanti sterrati poco prima di Castan e ci incamminiamo nel bosco ancora gelido ed avvolto dal freddo della mattina. Il sole è ancora nascosto. I castagni antichi non sono più carichi dei loro frutti, la stagione è ormai finita, e ci guardano silenziosi, mentre entriamo nella valle superando il tracciolino.












A quest'ora siamo i primi ad incamminarci per il sentiero. Il lato sinistro della valle è già in pieno inverno con la neve attorno a 1500 metri, mentre il lato destro riesce ancora a ricevere il sole autunnale e ad avere ancora qualche ciuffo di erba verde. Alle nostre spalle il lago di Como è ancora coperto dalle brume del mattino.










Superiamo una cappelletta e Frasnedo si mostra sopra le nostre teste lambito dal sole. Infreddoliti ci affrettiamo salendo le ultime rampe e raggiungiamo il paese, un the caldo ci aspetta al rifugio.








Possiamo finalmente scaldarci e godere il panorama sulle vette innevate.
Purtroppo non possiamo rimanere più a lungo. Torniamo prima di pranzo giù in val Chiavenna, ma avremo tempo per ritornare in questi luoghi.










Il lago di Novate specchia i monti della val Chiavenna mentre ci immergiamo di nuovo nel bosco di castagni per tornare alla macchina.

Alla prossima da Andrea.

domenica 2 novembre 2014

alpe Manco e ravanate

la val Ladrogno e Sasso Manduino (2888m)
Durante quello che dicono essere l'ultimo fine settimana bello per molto tempo, la scelta cade sull'alpe Manco (1728m), piacevole bivacco di proprietà del comune di Samòlaco in val Chiavenna dove, più di dieci anni fa, sono passato con l'amico Nando. Allora scendevamo dal bivacco Petazzi sulle rive del laghetto Ledù e non siamo entrati perché non abbiamo capito il modo cervellotico di ingresso...
bosco ameno, ancora colorato
Per salire all'alpe Manco scegliamo di lasciare l'auto sopra Paiedo a quota 1090m al termine della strada poderale dopo aver acquistato il permesso per transitare su di essa, ovvero un tagliando da 3.5 euro valevole per tutto il fine settimana emesso da un piccolo distributore proprio davanti al Municipio di Samòlaco. 
Per questo giro siamo solo in quattro, Niccolò e Federica si uniscono ai soci S.E.I. Andrea e CP. Partiamo alle 12.30 dal parcheggio nel quale c'è un'altra auto.
zoom sui pizzi Badile (3005m) e Cengalo (3369m)
La giornata è splendida e iniziamo a salire lungo il versante che guarda a est, già in ombra a quest'ora. Davanti a noi lo spettacolo dei boschi in versione autunnale, e le aspre cime della val Chiavenna incastonate in un cielo azzurrissimo. Anche in ombra si sta bene, saliamo senza caldo e senza sudare seguendo sempre i segni riportati sulle pietre, sugli alberi o molto evidentemente dipinti sulle rocce. Questo lato della valle dev'essere ben freddo perché i larici fanno capolino da circa 1400m. Sali che ti sali, dall'altro lato della valle si para davanti al gruppo compatto lo spettacolo magnifico del pizzo Badile e del Cengalo dalla cima innevata. 
sulla traccia giusta sopa l'alpe Campebello
Arriviamo dopo circa 2h e 15min all'alpe di Campedello (1753m), ci guardiamo intorno nella più completa assenza di segni, e valutiamo il punto dal quale svalicare per affacciarci sul lato della valle dove sorge l'alpe Manco. A giudicare dalle carte si può restare in quota e, traversando, girare dietro al versante. Avanziamo seguendo evidenti tracce fino a che, una volta che si inizia a scendere un po' troppo nella più completa assenza di segni e con la vista occlusa dal bosco, ci appara provvidenziale un cacciatore che ci dice che stiamo completamente sbagliando, e ci dà le dritte giuste. 
si vede l'alpe Manco, si vede il sentiero:  da ora il delirio...
Dalla fontana dell'alpe Campedello occorre seguire un'altra traccia e salire per una cinquantina di metri lungo di essa. Facciamo così, e in effetti deboli segni ormai scoloriti riappaiono e individuiamo il sentiero da seguire. Una volta nel punto più alto si deve percorrere un tratto in piano di sentiero segnato e rinforzato in alcuni punti, perché a strapiombo sul versante, prima di arrivare a vedere completamente la parte alta della val Mengasca dove sorge il rifugio: da qui, infatti, chiarissima si vede l'alpe Manco e il pezzo finale di sentiero da seguire. Altrettanto chiarissimamente il sentiero, ora evidentemente segnato, inizia a scendere, a scendere: ci sembra che scenda troppo e dalla parte sbagliata... 
passo 1 di 2 per entrare: aprire il seminterrato
passo 2 di 2: chiaro, no?
Ancora una volta seguiamo l'invito delle carte, e stiamo in quota. Decidiamo che ci deve essere un bivio che abbiamo perso. In effetti lo troviamo, e seguiamo una traccia infame, forse il sentiero riporato dalle carte e non più mantenuto. Da qui, oltre a scendere per una cinquantina di metri lungo un canale anche un po' pericoloso, iniziamo una ravanata di due ore cercando di mantenerci in quota con l'alpe Manco (che resta quasi sempre in vista), salendo e scendendo piccole ma numerose morene piene di rododendri e ontani fino a che ritroviamo il comodo sentiero precedentemente abbandonato. 
dalla gola pietrosa: b.tta di Campo (1921m) e alpe Manco (1728m)
Arriviamo alle ore 18.05 in rifugio con le frontali. Non male il posto! Una volta trovata nel seminterrato sottostante la chiave per aprire la porta della stanza principale, ci troviamo all'interno di un pregevole rifugetto tutto rivestito in legno e abbellito da stampe del Dominioni. Il rifugio è dotato di acqua corrente, gas, buone forniture da cucina, stufa e un po' di legna tagliata. Nel dormitorio quatro letti a castello per un totale di 10 posti letto e tante coperte.
rifugio dell'alpe Manco (1728m)
Ci diamo a una cenetta veloce e, con fuori la stellata dell'incredibile, al riposo dei giusti.

Il giorno dopo (meteo spettacolo!) Nicco e io proviamo a raggiungere l'ingresso della solitaria val di Bares solo che anche qui ravaniamo non poco su roccia in una gola al termine della quale crediamo si entri in valle...desistiamo a 100m dalla cresta altrimenti non torniamo più a casa.
ore 13:10, va via il sole...
Tornati in rifugio arrivano due simpatici bergamaschi con i quali pranziamo frugalmente prima di rassettare tutto per il maltempo che da domani arriverà.
Torniamo indietro seguendo sempre i segni e accertandoci che se li avessimo seguiti anche all'andata saremmo arrivati due ore buone prima...ma anche questa è esperienza S.E.I.
I ringraziamenti vanno come sempre al Presidente e al Comune di Samòlaco per la pregevole struttura che mantiene e che rende fruibile a tutti gli escursionisti.
Alla prossima.
Evviva il Presidente!
Evviva il S.E.I.!
CP

domenica 26 ottobre 2014

passo della Forcola e Campel Alt

Negli ultimi anni in autunno sono diventato pigro: è il periodo in cui si concentrano le mie lezioni all'università, sono spesso stanco, non ho voglia di alzarmi presto, molto spesso va a finire che passo i fine settimana a cucinare, invece che a camminare. Stavolta però si sono verificate una serie di coincidenze favorevoli: moglie a casa (può aiutare lei le figlie nei compiti), meteo-che-più-bello-non-si-può (almeno a sentire le previsioni), possibilità di provare la nuova macchina fotografica nel periodo in cui i colori autunnali sono al top.
Pizasc (2591m)
Nonostante molti soci siano già reduci dall'uscita alla Cristallina della domenica passata, decido che non si può lasciare passare un'occasione così e con un po' di fatica riesco a mettere assieme un gruppetto di simpatizzanti ai quali propongo (o forse sarebbe meglio dire "impongo") il ben noto giro Forcola-Campel,
 senza traversate strane: andata e ritorno dalla stessa strada, dormendo al bivacco della Forcola. So che dal punto di vista del paesaggio è una meta che non può deludere. Accordo trovato: saremo in 4 per il sabato, poi in due scenderanno e solo in due resteremo per il pernotto e la missione-Campel.
In realtà alla partenza il tempo non si rivela bello come sperato: per tutto il pomeriggio di sabato si alternano nuvolaglia e brevi schiarite, ma l'atmosfera, su alla Forcola, è in generale  piuttosto malinconica; anche le montagne della val Bregaglia appaiono per lo più incappucciate da nubi basse. Addirittura, verso sera, due gocce di pioggia ci fanno rientrare in rifugio a preparare la cena.
Pizzo di Prata (2727m), Punta Sfinge (2802m),
Ligoncio (3032m), Sasso Manduino (2888m)
La serata scorre piacevolmente assieme ad altri due gruppi di escursionisti che, per una volta, ci battono nella quantità e complessità delle preparazioni alimentari (però, to tell the truth, eravamo in formazione ridotta).
Uscendo un attimo prima di andare a dormire noto un cielo in parte stellato e sento che il vento si sta alzando: buon presagio per una domenica che non deluderà. 
Campel Alt (2020m) e Alp de Bon (1811m)
Al mattino tutto perfetto: sole a palla, vento fresco ma non freddo, aria limpida in quota e foschia solo verso il fondovalle. Si parte: valichiamo veloci la Forcola e ritroviamo la vista sulle cime del gruppo dell'Adula, già ammirata tante volte in estate e ora finalmente goduta coi colori caldi di questo periodo. Discesa fino alle baite q.1989, quindi traverso sul sentierino, pietraia (un po' gelata, ma ce la caviamo senza scivoloni) e su per la rampa che immette al cancello del passo di Campel Alt. Lo spettacolo, dall'altro parte, è ancora meglio di quanto speravo: ai colori dell'autunno che ammantano i boschi e il prato dell'alpe si unisce il mare di nuvole, molto più denso da questo lato, che nasconde il fondovalle fino a dove dovrebbero essere Bellinzona e, più avanti, il lago Maggiore. 
Cime del gruppo dell'Adula
Foto a raffica, una controllata alle condizioni del rifugio (tutto ok, acqua chiusa all'interno ma fontana fuori ancora funzionante), nuova breve sosta sul passo di Campel, e quindi ritorno quasi per la stessa strada. Il "quasi" sta a significare che, arrivati giù dalla scalinata ci facciamo tentare (ancora una volta) dalla traccia orizzontale che parte dalla scritta alla base (ometti) e che (dovrebbe) permette(re) di risparmiare un 20-30 metri di ulteriore discesa e successiva risalita. 
sontuosa sfilata, da sx:, Cima di Castello, Sciore, Bondasca, Cengalo, Badile, Gruf, Prata, Ligoncio, Manduino, ...
Peccato che, come già successo in passato, a un certo punto perdiamo la traccia e dobbiamo ravanare tra i rododendri (su terreno comunque facile) fino a ritrovare il sentiero segnato per la Forcola. Durante la discesa nient'altro da segnalare se non l'atmosfera ovattata dalla nebbia (il mare di nuvole che appariva dall'alto) nel tratto tra l'Alpe Buglio e Dardano. 
Nando

domenica 19 ottobre 2014

capanna Cristallina e Cima di Lago

Occorre aspettare la stagione intermedia, né in estate e né durante la stagione scialpinistica, per andare in capanna Cristallina nella modalità che ci è più congeniale: non c'è il capannaro, ed è permessa l'autogestione e il consumo di cibo proprio portato su. La riservazione in capanna va fatta comunque in modo da accertarsi delle condizioni per la permanenza.
verso l'alpe di Cristallina
E così, come progettato da tempo, a un manipolo di quattro si offre la possibilità di salire sul tetto del Ticino! Almeno in fatto di capanne questo è il caso. Il fine settimana è di tempo davvero splendido, e arriviamo ad Ossasco (1313m) in val Bedretto con tutta calma.
Iniziamo l'ascesa alle ore 11.30 dal parcheggio che si trova lungo la strada principale della valle appena dopo la fine del paese. Siamo in ombra, c'è una spalla di circa 500m da superare prima di entrare in val Torta: il pregio di questa stagione è anche quello di salire in assenza di caldo. Il sentiero, perfettamente segnato fin da giù, sale attraversando prima alcuni pascoli e poi tanto fitto bosco. Sopra, lame di luce radante si fanno spazio tra i colorati rami di larici, l'altro pregio di questa stagione, lasciandoci immaginare la bellezza dell'ambiente dove tra poco saremo immersi. Arriviamo in poco più di un'ora in alpe Cristallina (1800m) alla quale ci arriva una carrozzabile. Riprendiamo il cammino e, prima dell'accesso nella parte alta della val Torta, si attraversano luminosissimi e dolci versanti tutti puntellati da gruppi di larici i cui colori nell'aria immobile ci fanno pensare di essere dentro un quadro.
ingresso in val Torta
Entriamo in val Torta su sentiero che sale ora molto dolcemente, risalendo senza fatica accanto al gonfio ruscello che la percorre. Siamo sotto il sole e già in vista del passo del Naret (2438m) sotto il quale sta l'alpe Torta (2225m): da qui si vede il passo di Cristallina (2568m) e l'enorme costruzione lunga e squadrata dell'omonima capanna (2575m, pare un abuso edilizio). Appena sopra l'alpe Torta facciamo pranzo e un'ora di sosta avvolti da cielo azzurro e sole pieno. Intorno solo pace e natura.
L'ultima parte di sentiero si percorre sulle rocce, sotto la cima di Gararesc (2738m) dalla quale, come si apprende dagli istruttivi pannelli in capanna, nel 1999 si staccò una valanga il cui spostamento d'aria distrusse la precedente capanna (a sua volta ricostruita nel 1986 da un episodio analogo).
sosta in alpe Torta e,  sullo sfondo, la capanna
Siamo su alle ore 15.00 e in completa solitudine. Ci togliamo gli scarponi nell'immensa sala che funge da deposito scarpe e notiamo che siamo veramente in un rifugio di prima categoria: alla parete ci sono i porta sci con lo scolatoio... Fuori da questa stanza c'è un corridoio con le toilette e una scala che porta al piano della sala comune il tutto immerso in un ambiente che ricorda gli ospedali. Solo metà della sala comune durante la stagione intermedia è agibile, un termostato ne fissa la temperatura interna a 15 gradi. Non c'è stufa, non c'è legna ma grazie all'elettrodotto che passa qui vicino si sta bene e c'è acqua corrente all'interno (mi sa tutto l'anno). Tutto è silenzio e incredibilmente pulito: ecco cos'è! Il pavimento, proprio lui, in linoleum. Conferisce al tutto l'aspetto asettico di un corridoio di ospedale. C'è una fanciulla zurighese con noi. Anna, bionda, eterea, scivola impalpabile sul pavimento. Quasi una presenza fantasmatica. Si fa il te' sui fornelli elettrici e poi viene fuori sulla veranda al sole del pomeriggio.

il Cristallina (2912m)
Facciamo le lucertole mentre alla spicciolata il rifugio si riempie: strano perché il capannaro mi ha detto che accettava solo 12 riservazioni... a sera saremo in 21. Prendiamo posto tutti e quattro in una delle tre stanze (da otto posti letto con piumone) che, al secondo piano, sono lasciate aperte e a disposizione.
Il panorama attorno alla capanna è un austero paesaggio di alta quota: tutto rocce e, da sotto il Cristallina, la signora di bianco vestita è qui presente e decora lo splendido anfiteatro di vetta con una sottile velatura. Di fronte a noi il Basodino. Eccezionale! Non lo avevo ancora visto... Potenza del S.E.I. e delle sue gite. Una volta che il sole tramonta, ore 18.00 circa, la sala e i suoi 6 tavoli da 8-10 posti si anima: le diverse provenienze geografiche degli ospiti selezionano naturalmente l'uso dei due fornelli elettrici disponibili senza che ci sia affollamento né screzi. I germanofoni cenano prima, gli italici poi. Per ultimi, degli strani zurighesi con sacchetti della spesa Esselunga, spaghetti Garofalo e pesto Biffi: uno di loro è medico alla ASL di Milano di via Indipendenza. Pazzesco, siamo testimoni del primo caso di cervello tedesco in fuga.
Basodino (3272m) al mattino
La notte, avvolti nei piumoni, scorre morbida; fuori la stellata dell'incredibile.
Ci svegliamo prima dei nostri tre compagni di stanza, una della quali è fin troppo lunga per il normal-size bed in dotazione. Fuori il lato est del Basodino fa scintille al primo sole del mattino.
Dopo colazione, il capo-gita Steacco decide la nostra meta e tutti lo seguiamo. In cinquanta minuti siamo sopra la Cima di Lago (2833m), e ammiriamo un panorama mozzafiato sullo Finsteraahorn e soci che dominano la scena a ovest. Sotto di noi e sotto il Basodino il bell'invaso del lago dei Cavagnöö (2310m). Facciamo le foto di rito e siamo al passo della Cima di Lago (2741m): vediamo il sentiero che proviene dal ghiacciaio della Valleggia che dà l'accesso in capanna agli scialpinisti della stagione invernale. Il percorso da All'Acqua via passo della Cima di Lago è leggermente più lungo ma meno ripido di quello da Ossasco.
dalla Cima di Lago: Finsteraahorn e soci
dalla Cima di Lago, vista d'insieme sul Cristallina
Non c'è molto da mettere a posto, e quindi una volta in capanna raccogliamo le nostre cose, firmiamo il registro, e prendiamo commiato dalla più alta capanna del Ticino: "un'altra figurina nel nostro album" di capanne, come direbbe l'amico Giorgio di Girovagando.  Bene, è tutto. I ringraziamenti per questa avventura vanno come di consueto al Presidente S.E.I. e a chi lavora alla capanna: fa sicuramente un encomiabile sforzo, il costo richiesto per il soggiorno (fin qui, il top di gamma) testimonia che è tutto razionalmente sotto controllo.
Alla prossima!
CP

lunedì 29 settembre 2014

Valle di Saint Barthélemy - Rifugio Reboulaz

Non amo le vette famose, ma i luoghi solitari che lasciano viaggare i ricordi. Possono essere nascosti nei boschi alle ultime luci del giorno quando gli animali escono allo scoperto, oppure assolati altopiani come zattere galleggianti tra le nubi.


In Val d'Aosta ci sono ancora valli che non hanno subito la speculazione del turismo e permettono di camminare distratti solo dalle mucche al pascolo. Questo fine settimana con Marco (CP), Marco (MP) ed Elena torniamo nella valle di Saint Barthélemy dopo alcuni anni di assenza per raggiungere il rifugio Reboulaz, una delle mete che prediligo in questa bella valle.

La giornata inizia con una visita all'osservatorio di Lignan, dove salutiamo un amico all'esposizione di strumenti astronomici che si tiene in questi giorni. Quindi ci dirigiamo a Porliod (1890) dove lasciamo la macchina e ci incamminiamo per i prati. Invece di seguire la strada (in inverno la pista di sci di fondo) prendiamo il sentiero che sale verso l'oratorio di Cuney per attraversare il bel bosco di abeti e larici. In breve superiamo il limite del bosco e ci troviamo su un balcone che domina la alta valle (2381).


Verso nord, da ovest ad est, vediamo la becca del Merlo, la punta Montagnaya, la becca d'Arbiere, la becca di Luseney, la cima ed il colle di Livournea e la cima Bianca. Aguzzando la vista si nota un puntino nero sotto il colle di Livournea: quella è la nostra meta, il rifugio Reboulaz.

Scendiamo velocemente alla malga Praterier (2060) e qui riprendiamo la strada che arriva da Porliod. Entriamo nell'alta valle per salire alla volta del rifugio.



Lasciamo indietro gli ultimi larici e saliamo le balze con rapidi tornanti. Finalemnte siamo sugli spalti dove sorge il rifugio Reboulaz (2570). Un po' di riposo è meritato. Dopo cena abbiamo lo spettacolo delle stelle con la fortuna di una notte senza la luce della luna. Il nastro luminoso della Via Lattea è sopra di noi.

L'indomani, domenica mattina, ci alziamo mentre il sole sta sorgendo sul rifugio. Usciamo all'aperto per abituarci all'aria pungente del mattino e per rivedere i prati...



...ma le nubi durante la notte hanno coperto il fondo della valle. La Tersiva spunta innevata dalla coltre di nubi, alla sua sinistra il mont Avic e le cime dellla bassa valle.

L'escursione del mattino è il colle di Livournea. Saliamo per prati lasciando i pascoli delle mucche dietro a noi. Il terreno diventa man mano più roccioso e si inerpica per l'ultimo strappo fino a raggiungere il colle (2858). La vista si apre sulle cime al confine con la Svizzera, ai cui piedi si trova il lago di Place Moulin.



Verso nord, da ovest ad est, vediamo in primo piano la becca Bovet e la becca dei Laghi che nascondono la comba della Sassa e la comba d'Oren, alle loro spalle spuntano la becca Blanchen e la becca d'Oren.

Quando ci giriamo per tornare la vista sulle cime continua.

Verso sud, da est ad ovest, vediamo il Gran Paradiso, l'Herbetet e le punte della Grivola.

Soddisfatti scendiamo. Ci mancheranno questi colori ma non possiamo indugiare oltre. Torniamo per la strada principale fino a raggiungere Porliod dove recuperiamo la macchina. Un'ultima tappa per prendere della fontina. Poi lasciamo la valle di Saint Barthèlemy, mentre la Tersiva e l'Emilius scompaiono nelle nebbie del fondo valle.



Al prossimo giro, Andrea.

sabato 27 settembre 2014

in giornata sui monti di Kobe (JP)

la vetta di giornata
Memori della faticaccia dello scorso anno (vedi qui, ottobre 2013), stavolta preghiamo Goro di portarci a fare qualcosa di meno impegnativo, senza trasferte di ore sulle autostrade giapponesi e levatacce alle 5 del mattino. Visti anche i suoi impegni, che non gli consentono di combinare un giro con pernotto, optiamo dunque per una passeggiata di bassa quota sulle alture sovrastanti Kyoto. In questo modo possiamo partire comodamente da Kobe domenica mattina e muoverci in treno utilizzando l'efficientissimo sistema dei trasporti pubblici giapponesi. Per ridurre il numero di cambi di mezzo, scendiamo alla stazione di Matsugasaki (almeno, così mi pare di ricordare) e attraversiamo a piedi i sobborghi di Kyoto in una bella giornata di sole. 
Al di fuori delle zonecentrali, le città giapponesi appaiono come una distesa (molto ampia, come si può immaginare) di villette, tanto minuscole quanto curate. All'attacco del sentiero, notiamo che come al solito in Giappone non si fanno sconti. 
Kyoto, 5 milioni di persone
Velocemente si passa da uno stradone asfaltato a un "sentiero" costituito da un canale di terra piuttosto disagevole, molto ripido e con alti gradoni formati dalle radici degli alberi. Si sale, e si suda, vista la bassa quota e l'ora piuttosto tarda. Ciononostante siamo piuttosto brillanti e in breve arriviamo alla stazione a monte della funivia di Hiei, da cui parte uno skilift. Nonostante la bassa quota (circa 700 metri) e la latitudine pari a quella di Lampedusa, il clima particolare consente infatti la presenza di una piccola stazione sciistica (peraltro, mi dice Goro, aperta solo per pochi giorni l'anno). 
90 gradi sulla destra, il nulla...
Da qui su stradina sterrata saliamo velocemente fino alla stazione a monte dello skilift nei cui pressi troviamo...un enorme parcheggio. Come al solito in Giappone si passa in un attimo dalla foresta più fitta ad un ambiente, diciamo, urbano. 
Questo è testimoniato anche dal panorama verso Kyoto: se guardiamo nella direzione da cui siamo venuti vediamo un gigantesco agglomerato urbano che, più in là, verso il mare, si fonde nella foschia con quello ancora più grande di Osaka. Basta però girare lo sguardo di circa 90° (ovvero rivolgendosi a NO anziché a SO) e ci si trova di fronte un susseguirsi di colline verdeggianti prive, almeno apparentemente, di presenza umana: niente case, niente strade visibili, solo qua e là spunta qualche ripetitore o traliccio dell'alta tensione. 
il lago Biwa
Dal parcheggio in pochi minuti arriviamo alla cima vera e propria (Daiheiheizian, 848 metri: tutto sommato siamo saliti di 800 metri, non male per una passeggiata domenicale). Dalla cima ci dirigiamo verso l'altro lato, ovvero dalla parte del lago Biwa, il più grande del Giappone.
 Dato che però siamo pigri, e vogliamo evitare un percorso che, dalla mappa, pare ancora più ripido di quello della salita, ci concediamo la funicolare Enryakuji-Sakamoto per la discesa. 
Dalla stazione a monte il lago scintilla nella luce del tramonto e le sue sponde sono un misto di campagna e grattacieli.
Giappone, alla prossima!
Nando




lato destro della bassa Leventina: i "buchi"!
P.S.: una chicca. All'andata, dall'aereo non ho potuto non fotografare quanto vedevo sotto di me fin troppo chiaramente... Da sinistra, Val d'Ambra (con le due convalli di Rierna e di Bri), val Marcri, val Nedro, val Cramosino, val Fouda (Afata), val d'Usedi, val Chironico.

domenica 31 agosto 2014

bocchetta Notar e val Bodengo

Per questa gita alla b.tta Notar (2095m) siamo in un buonissimo numero: cinque, tra soci S.E.I. e simpatizzanti. Il meteo, ovviamente, non è dei migliori ma ormai ci abbiamo fatto l'abitudine.
ambiente sotto la b.tta Notar

Il luogo del pernotto di sabato è il bivacco del Notaro (1882m) che, con dei fondi Interreg, è stato (ri)messo in piedi presso l'alpe del Notar, in un posto stupendo e denso di storia, crocevia di contrabbandieri dalla/per la  Svizzera ai tempi delle guerre, e ai miei occhi semplicemente un posto in cui far tappa per meravigliose escursioni di concatenamento bivacchi (capanna Como inclusa) tra le valli Darengo, Cama, del Dosso, Leggia e Bodengo: ce ne sarebbe da girare qui intorno! Ma questa volta ci si limita a passare tra Italia e Svizzera per la b.tta Notar.
il canale prima del bivacco
Lasciamo l'auto a metà mattina appena sopra Bodengo (1030m), dopo esserci procurati il permesso di transito e sosta valido per tutto il weekend presso un bar di Gordona (costo 9 euro). Cominciamo la placida risalita della verdissima valle. Qui e là, ci sono diverse auto parcheggiate ma non incontreremo alcuno per tutta la salita. La meta è chiara: raggiungere la chiusura della val Bodengo e poi piegare sulla destra. Quello che non era chiaro, almeno a me che non ho letto nulla che descrivesse il sentiero, è la bellezza del canale finale a scale di granito ricavato nella roccia: un antico retaggio della civiltà della montagna tutt'ora utilizzato per portare su e giù le mucche che, in tutta la valle, la fanno da padrone. Attraversando infatti le varie Corti (terza (1191m), seconda (1369m), e la quasi invisibile prima a 1540m) sono diversi i ricoveri e le stalle ricavate in austere costruzioni di roccia.
b.tta di Correggia (2201m)

Fino sopra Corte Seconda si percorre un larghissimo sentierio di sassi e ghiaia qua e là punteggiato di verdissimo bosco dove ogni tanto qualcuno di noi tende sguardo e olfatto alla ricerca di pregievoli frutti della terra. Sotto Corte Prima, avvicinandoci alla chiusura della valle, si passa su grossi sassi di antiche frane fino a seguire i segni (sempre presenti e visibili) che invitano a tagliare sulla destra. che ci conducono al pregevolissimo canale di cui sopra e al bivacco. Arriviamo su e sappiamo che non siamo soli: troviamo infatti il pastore Martino che con il suo cane Nebbia passa qui diverse settimane di fila durante la stagione estiva.
b.tta del Notar (2095m)
La sua capanna è ricavata in una metà della costruzione che ospita il bivacco. Ci rendiamo incredibilmente utili riaccendendo lo scaldabagno a gas che permette di avere acqua calda in bivacco e, volendo, di fare la doccia: dopo l'alpe Spluga in val Maggia questo è il secondo luogo a me noto che dispone di questa possibilità.
Il bivacco, tutto nuovo e pulito, con rivestiture in legno ci sembra ottimamente isolato per l'inverno grazie a una larga intercapedine che lo separa dalla roccia. Conta sei posti letto con coperte, cucina a gas, stufa e tanta legna. La dotazione della cucina consente di farci la focaccia che l'ottimo Nando impasta e prepara. Il piatto forte della serata sarà riso con fonduta di formaggio, ma è ancora presto per la cena: dato che non piove, voglio assolutamente andare in bocchetta. Dal bivacco sono solo 150m ben segnati e per nulla difficili. Salendo, si incrocia quasi subito una traccia a sinistra che permette di raggiungere il sentiero alto che porta alla b.tta Correggia che dà accesso alla val Darengo e all'omonimo laghetto incastonato nel suo famoso anfiteatro di roccia dalla straordinaria bellezza.
lago di Cama (1265m)
Una volta su mi fermo a godermi la sensazione di trovarmi esattamente dove avrei voluto essere. Trovo in un buco della roccia una cassetta, firmo il registro annotando il mio passaggio ma ora desidero fortemente vedere il lago di Cama, e inizio a traversare in quota, ravanando tra i mirtilli e i rododendri stando in quota e avvicinandomi al Pizzo Martello. Alla fine sono fortunato! Riesco a vedere il lago giusto pochi minuti prima che una densa nube avrebbe avvolto tutto da nebbia... Durante il traverso mi guardo attorno: bello...bello. Vedo luoghi a me cari come l'alpe di Vazzola, il passo del Segnale e mi immagino dove sia l'alpe d'Albion. L'altro lato della valle mi è nascosto, tranne alla fine quando, a destra del lago, vedo chiara la ferita della grande frana 2013.
domenica, tutti in bocchetta!
Svalico prima che tutto sia nascosto, il tempo di mandare un sospiro alla b.tta di Correggia dove non andrò anche questa volta, e sono giù a godermi la serata con i miei sodali. C'è con noi anche Martino che ricambia l'invito a cena portando dello splendido salame e una bottiglia di vino (sempre la benvenuta).
"Fu sera e fu mattina" anche questa volta, e dopo colazione si va in bocchetta tutti quanti prima di rimettere a posto il bivacco e lasciare Nebbia, Martino, e questo luogo affascinante. Spero di tornare qui presto, con altre condizioni meteo e con la voglia di traversare ovunque. Durante la discesa ci è compagna un po' di pioggia.
val Bodengo, sulla via del ritorno

I ringraziamenti finali, oltre al nostro Presidente S.E.I., vanno all'amico Alberto - Bradipo delle Alpi dal quale abbiamo saputo del bivacco del Notaro nel mese di gennaio scorso.
Grazie a tutti!
Evviva il Presidente!
Evviva il S.E.I.!
CP