lunedì 29 settembre 2014

Valle di Saint Barthélemy - Rifugio Reboulaz

Non amo le vette famose, ma i luoghi solitari che lasciano viaggare i ricordi. Possono essere nascosti nei boschi alle ultime luci del giorno quando gli animali escono allo scoperto, oppure assolati altopiani come zattere galleggianti tra le nubi.


In Val d'Aosta ci sono ancora valli che non hanno subito la speculazione del turismo e permettono di camminare distratti solo dalle mucche al pascolo. Questo fine settimana con Marco (CP), Marco (MP) ed Elena torniamo nella valle di Saint Barthélemy dopo alcuni anni di assenza per raggiungere il rifugio Reboulaz, una delle mete che prediligo in questa bella valle.

La giornata inizia con una visita all'osservatorio di Lignan, dove salutiamo un amico all'esposizione di strumenti astronomici che si tiene in questi giorni. Quindi ci dirigiamo a Porliod (1890) dove lasciamo la macchina e ci incamminiamo per i prati. Invece di seguire la strada (in inverno la pista di sci di fondo) prendiamo il sentiero che sale verso l'oratorio di Cuney per attraversare il bel bosco di abeti e larici. In breve superiamo il limite del bosco e ci troviamo su un balcone che domina la alta valle (2381).


Verso nord, da ovest ad est, vediamo la becca del Merlo, la punta Montagnaya, la becca d'Arbiere, la becca di Luseney, la cima ed il colle di Livournea e la cima Bianca. Aguzzando la vista si nota un puntino nero sotto il colle di Livournea: quella è la nostra meta, il rifugio Reboulaz.

Scendiamo velocemente alla malga Praterier (2060) e qui riprendiamo la strada che arriva da Porliod. Entriamo nell'alta valle per salire alla volta del rifugio.



Lasciamo indietro gli ultimi larici e saliamo le balze con rapidi tornanti. Finalemnte siamo sugli spalti dove sorge il rifugio Reboulaz (2570). Un po' di riposo è meritato. Dopo cena abbiamo lo spettacolo delle stelle con la fortuna di una notte senza la luce della luna. Il nastro luminoso della Via Lattea è sopra di noi.

L'indomani, domenica mattina, ci alziamo mentre il sole sta sorgendo sul rifugio. Usciamo all'aperto per abituarci all'aria pungente del mattino e per rivedere i prati...



...ma le nubi durante la notte hanno coperto il fondo della valle. La Tersiva spunta innevata dalla coltre di nubi, alla sua sinistra il mont Avic e le cime dellla bassa valle.

L'escursione del mattino è il colle di Livournea. Saliamo per prati lasciando i pascoli delle mucche dietro a noi. Il terreno diventa man mano più roccioso e si inerpica per l'ultimo strappo fino a raggiungere il colle (2858). La vista si apre sulle cime al confine con la Svizzera, ai cui piedi si trova il lago di Place Moulin.



Verso nord, da ovest ad est, vediamo in primo piano la becca Bovet e la becca dei Laghi che nascondono la comba della Sassa e la comba d'Oren, alle loro spalle spuntano la becca Blanchen e la becca d'Oren.

Quando ci giriamo per tornare la vista sulle cime continua.

Verso sud, da est ad ovest, vediamo il Gran Paradiso, l'Herbetet e le punte della Grivola.

Soddisfatti scendiamo. Ci mancheranno questi colori ma non possiamo indugiare oltre. Torniamo per la strada principale fino a raggiungere Porliod dove recuperiamo la macchina. Un'ultima tappa per prendere della fontina. Poi lasciamo la valle di Saint Barthèlemy, mentre la Tersiva e l'Emilius scompaiono nelle nebbie del fondo valle.



Al prossimo giro, Andrea.

sabato 27 settembre 2014

in giornata sui monti di Kobe (JP)

la vetta di giornata
Memori della faticaccia dello scorso anno (vedi qui, ottobre 2013), stavolta preghiamo Goro di portarci a fare qualcosa di meno impegnativo, senza trasferte di ore sulle autostrade giapponesi e levatacce alle 5 del mattino. Visti anche i suoi impegni, che non gli consentono di combinare un giro con pernotto, optiamo dunque per una passeggiata di bassa quota sulle alture sovrastanti Kyoto. In questo modo possiamo partire comodamente da Kobe domenica mattina e muoverci in treno utilizzando l'efficientissimo sistema dei trasporti pubblici giapponesi. Per ridurre il numero di cambi di mezzo, scendiamo alla stazione di Matsugasaki (almeno, così mi pare di ricordare) e attraversiamo a piedi i sobborghi di Kyoto in una bella giornata di sole. 
Al di fuori delle zonecentrali, le città giapponesi appaiono come una distesa (molto ampia, come si può immaginare) di villette, tanto minuscole quanto curate. All'attacco del sentiero, notiamo che come al solito in Giappone non si fanno sconti. 
Kyoto, 5 milioni di persone
Velocemente si passa da uno stradone asfaltato a un "sentiero" costituito da un canale di terra piuttosto disagevole, molto ripido e con alti gradoni formati dalle radici degli alberi. Si sale, e si suda, vista la bassa quota e l'ora piuttosto tarda. Ciononostante siamo piuttosto brillanti e in breve arriviamo alla stazione a monte della funivia di Hiei, da cui parte uno skilift. Nonostante la bassa quota (circa 700 metri) e la latitudine pari a quella di Lampedusa, il clima particolare consente infatti la presenza di una piccola stazione sciistica (peraltro, mi dice Goro, aperta solo per pochi giorni l'anno). 
90 gradi sulla destra, il nulla...
Da qui su stradina sterrata saliamo velocemente fino alla stazione a monte dello skilift nei cui pressi troviamo...un enorme parcheggio. Come al solito in Giappone si passa in un attimo dalla foresta più fitta ad un ambiente, diciamo, urbano. 
Questo è testimoniato anche dal panorama verso Kyoto: se guardiamo nella direzione da cui siamo venuti vediamo un gigantesco agglomerato urbano che, più in là, verso il mare, si fonde nella foschia con quello ancora più grande di Osaka. Basta però girare lo sguardo di circa 90° (ovvero rivolgendosi a NO anziché a SO) e ci si trova di fronte un susseguirsi di colline verdeggianti prive, almeno apparentemente, di presenza umana: niente case, niente strade visibili, solo qua e là spunta qualche ripetitore o traliccio dell'alta tensione. 
il lago Biwa
Dal parcheggio in pochi minuti arriviamo alla cima vera e propria (Daiheiheizian, 848 metri: tutto sommato siamo saliti di 800 metri, non male per una passeggiata domenicale). Dalla cima ci dirigiamo verso l'altro lato, ovvero dalla parte del lago Biwa, il più grande del Giappone.
 Dato che però siamo pigri, e vogliamo evitare un percorso che, dalla mappa, pare ancora più ripido di quello della salita, ci concediamo la funicolare Enryakuji-Sakamoto per la discesa. 
Dalla stazione a monte il lago scintilla nella luce del tramonto e le sue sponde sono un misto di campagna e grattacieli.
Giappone, alla prossima!
Nando




lato destro della bassa Leventina: i "buchi"!
P.S.: una chicca. All'andata, dall'aereo non ho potuto non fotografare quanto vedevo sotto di me fin troppo chiaramente... Da sinistra, Val d'Ambra (con le due convalli di Rierna e di Bri), val Marcri, val Nedro, val Cramosino, val Fouda (Afata), val d'Usedi, val Chironico.