domenica 5 dicembre 2010

Capanna Mognone (TI) CH

Per questo ritorno all'alpe Mognone (patriziato di Sementina) siamo un gruppo d'altri tempi con due graditi ritorni: Stefano e Marco che non vedevamo da parecchio tempo. La meta scelta, una classicissima per la stagione, ci pone al riparo da qualsiasi imprevisto di slavine perché il sentiero è quasi tutto esposto al sole e, a parte gli ultimi 150 metri, non ci sono salite ripide. Le condizioni della neve, stando ai bollettini, non destano preoccupazioni eccessive.
Saliamo durante una mattinata fredda e straordinariamente tersa lasciando la macchina a San Defendente dopo essere saliti da Sementina seguendo un po' a casaccio la carrozzabile perfettamente pulita. Dalla partenza fino all'ultimo ripido pezzo non c'è bisogno di racchette da neve in quanto c'e' una traccia ben scavata.
Salendo intersechiamo più' volte la carrozzabile che porta a Arbarello e incrociamo in diversi punti altri sentieri che, per strade differenti,
puntano alla cresta dove sorge l'alpe Mognone. A Fontane di Biasca si arriva a buttare lo sguardo in val Sementina e alla suggestiva cornice di monti che la chiude prima di proseguire per un traverso pianeggiante e piuttosto lungo che ci permette di arrivare all'inizio dell'ultima salita dove indossiamo le ciaspole. Arriviamo alla meta che troviamo in ordine e in perfetto stato. Iniziamo ad accendere il fuoco e a tagliare la legna, come al solito.
Sospendiamo non appena il the è pronto e pranziamo fuori, al sole, in
compagnia di tre signore che, approfittando dello splendido motpomeriggio, hanno interrotto per qualche ora  la preparazione dei biscotti in casa. Dopo il pranzo frugale riprendono le attività di spaccare legna. Prima del tramonto saliamo lungo la cresta che conduce all'alpe di Morisciolo per goderci la vista infuocata.
Una volta rientrati, ha inizio il momento topico: la suddivisione dei IMG_2985
compiti per preparare la cena. Sapendo che c'è una griglia, ci siamo portati della carne da fare sulla brace oltre alle ormai rodate polenta con (innumeri) verdure bollite e focaccia ai porri cotta nel forno della stufa dopo l'impasto e la lievitazione. mot2Eh sì. La capanna Mognone consente questi numeri da alti califfi della cucina.
Il giorno dopo lo scenario è molto diverso: tutto coperto e minaccia la
neve. Saliamo all'alpe Morisciolo da cui godiamo un grigio e uniforme scenario dove non si distingue il cielo e la terra e, mentre in 3 su 4 siamo assenti, alle 11.00 a Stefano capita l'incidente diplomatico, il primo della carriera con la SEI: il patrizio di Sementina, salito come sempre in ispezione e, dopo che hanno scassinato la cassaforte con le offerte, un po'
meno gentile con escursionisti che non seguono proprio alla lettera le
istruzioni (riservazione, registrazione appena giunti, massimo ordine, ecc...), scrive sul registro che la capanna è una stalla: in effetti a terra e' molto sporco per la neve portata e ci sono piatti e pentole da lavare. Prima di andare via compiamo il miracolo! Lasciamo, come sempre, la capanna meglio di come la troviamo: la legna è tagliata in copia maggiore rispetto a sabato, tutto è pulito grazie agli stracci e allo spazzolone (anch'essi lasciati puliti nello spogliatoio) e il lavandino, trovato pieno di acqua gelata, lo lasciamo svuotato e pulito. Magia del SEI.
Alla prossima!
Marco “CP”

domenica 14 novembre 2010

Alpe Lago, val Segnara (VB) I

Andiamo in val Segnara, laterale della valle Anzasca, all'alpe Lago, un simpatico bivacco rimesso a posto nel corso degli anni da un gruppo di volontari del CAI Macugnaga.
Si parte da Molini con il sole di un bel sabato di novembre. L'avvicinamento all'alpe Lago richiede la risalita completa della val
Segnara. Il primo tratto del sentiero, sempre molto ben segnato, 131110-lago10procede per balzi seguiti da lunghi percorsi in piano. Dopo una mezz'ora inizia la ripida salita lungo un versante sul lato est
della valle. Ci troviamo nel bel mezzo della faggeta e si cammina tra i colori del tappeto giallo di foglie e della chioma residua degli alti alberi tutto intorno. Un alpe abbandonata segna la metà percorso  prima dell'ultimo strappo fino all'alpe Camino da cui ci si può godere un bello scorcio131110-lago16 panoramico sulle montagne circostanti. Inizia ora la terza parte dell'avvicinamento, il traverso in leggera discesa
per raggiungere la testa della valle e il pianone dove sorge il bivacco, in ombra gia' alle tre del pomeriggio. Pestiamo lo strato di neve molliccia caduta nei giorni precedenti per raggiungere il complesso di baite in pietra dove sorge l'alpe Lago.
Il rifugio è in buone condizioni, posto tappa del GTA molto conosciuto dai tedeschi. Iniziano le attività dell'arrivo: Stefano accende subito la stufa per iniziare a cuocere lentamente il cotechino, regalo dello zio di Andrea e piatto forte della nostra cena da califfi, poi tutti in ordine sparso a fare legna: Nando va a collaudare la sega nuova che lasciamo in dono al bivacco; Andrea, Stefano e io facciamo lo stesso, trascinando qualche tronco lasciato appena fuori che tagliamo con la sega in dotazione. Come nostro solito, in pieno spirito S.E.I., facciamo parecchia legna allo scopo di lasciarne secca e pronta per chi ci seguirà.
141110-lago28 Dopo il the pomeridiano inizia lo svacco: Stefano si gode lo splendido
tramonto delle 17.00, Andrea e Nando si riposano e io bighellono un po' dentro e un po' fuori tra l'aria tersa e le ombre della sera che scende. Con la stufa scoppiettante ci si prepara per la cena: polenta, tante verdure, cotechino e due bottiglie di vino (che ormai ci paiono troppo poche).
Il giorno dopo il tempo e' brutto e uggioso, rimettiamo a posto  e torniamo alla macchina con lo stesso percorso dell'andata ma in
una situazione climatica molto diversa: grigio umido avvolgente.
E' la seconda volta che torniamo qui: la prima volta e' stato durante il
ponte del 1 maggio del 2008 ed era con noi anche il Presidente. In quella occasione abbiamo conosciuto Denis e altri amici che hanno prestato tempo e braccia alla ricostruzione dell'alpe, il loro lavoro e' documentato nelle foto entrando nel rifugio a destra. In quella occasione abbiamo sperimentato la loro splendida ospitalita'. Questa volta, peccato, non erano con noi: sara' per la prossima.
Marco "CP"

domenica 3 ottobre 2010

Val Nèdro e Marcri (TI)

Tempo non splendido ma capanne confortevoli in ambiente di media quota per due pernotti con cene da califfi: malgrado queste credenziali non riusciamo a essere più di tre compagni di merende: Nando, Stefano, io. E sia, vorrà dire che saremo solo noi a spasso tra le valli Nèdro e Marcri: il trionfo del "buco", nella nostra accezione escursionistica. Le due capanne sono riservate da tempo, come vuole la procedura del patriziato di Personico che ovviamente rispettiamo. Allora... cibo in spalla e partiamo!
Venerdì pomeriggio: lasciata l'auto al primo tornante sopra Personico, lungo la strada che porta alla diga della val
d'Ambra (altro posto notevole), ci incamminiamo lungo la carrabile dove, segnalato da un fazzoletto bianco, sulla sinistra parte il sentiero che sale diretto evitando il bel borgo di Faidàl. Non lo prendiamo, decidendo di salire comodi senza strappi, stanchi come siamo della settimana. Non piove, ma non promette bene. I castagni che accompagnano il cammino in questa parte bassa del sentiero han già perso parte del loro prezioso carico ma siamo interessati a ben altri frutti della terra, e tiriamo dritto. Arriviamo a Faidàl, incontriamo qualche persona fuori dalle baite, ma nessuno più lungo il sentiero. I castagni cedono il passo ai faggi; camminiamo anche alla ricerca del prezioso fungo, il ricercato speciale del giro.
Passiamo uno strano manufatto, un muro a secco gigantesco, uno sbarramento per le valanghe il cui effetto lo vediamo poco più in alto quando attraversiamo una zona con grossi alberi abbattuti dalla furia 021010marcri-11della neve, zona successivamente ripulita e il sentiero messo in sicurezza. Avvistiamo la baita Portri e Nando sparisce, risucchiato  dall'atmosfera, dall'ambiente impervio che la pervade. Ci aspetta poco piu' in alto al bivio a destra per scendere al ponte che permette di raggiungere la baita. Il ponte, costituito da due tronchi alti 3m sul fiume, non ci pare sicuro abbastanza malgrado abbia delle corde a cui attaccarsi. Il torrente non e' pienissimo, lo attraversiamo e poco dopo si entra in Portri. Bella baita, 10 posti, tanta legna per la stufa, coperte e materassi in armadi al sicuro dai topi, buona dotazione di cucina. Con nessuno in vista ci dedichiamo alle operazioni fondamentali: accensione stufa, impasto della focaccia, taglio delle verdure e dei (pochi) funghi trovati lungo il sentiero. Cena sontuosa a base di pizzoccheri; il mate conclusivo ci accompagna alla meritata branda.
Sabato: sveglia, colazione e messa a posto della capanna ci portano via un'oretta e mezza: alle ore 10.00 siamo fuori.
Riattraversiamo il torrente per portarci dove corre il sentiero per raggiungere Gher e i Motti di Marcri attraverso cui accedere alla val Marcri e scendere all'alpe di Marcri, la prima e più bella baita (di tre) che sta a quota 1600m.
Purtroppo siamo respinti! Il sentiero è troppo bagnato, non prende sole da giorni, quindi non ce la sentiamo di rischiare passaggi difficili su roccia scivolosa. Cambiamo itinerario, ma non meta: la val Marcri verrà raggiunta dal sentiero di fondo valle. Due anni fa entrammo in Marcri scendendo dalla val d'Ambra (capanna Trusp), questa
volta ci entriamo da Sassàn subito dopo il quale ci aspettano i 300 ripidissimi metri della zona di Larecc che danno l'accesso in valle Marcri. Entrati in valle, il sentiero spiana e consente la ricerca del desiderato fungo. Arriviamo all'alpe che ritroviamo dopo due anni in021010marcri-19 ottimo stato. Ci riposiamo un'oretta e, dopo un pranzo frugale, siamo fuori di nuovo con idee diverse. Arriviamo a Stabbio di Mezzo, 15 minuti sopra l'alpe di Marcri, dove ritroviamo un abitante di Biasca incontrato qualche ora prima che inizia a scendere per tornare a casa.
I miei due soci vogliono battere il bosco tra le due capanne palmo a palmo per scovare altri funghi, io voglio tornare al laghetto che sta sopra, dove c'e' la terza baita. Ci separiamo quindi per un'oretta. La val Marcri è fatta a balzi e lunghi pianoni: la baita "cascina del Lago" si trova 250m sopra vicino al piccolo laghetto dopo una parete di roccia piuttosto ripida che si sale pero' senza problemi lungo l'unico sentiero obbligato. Stranamente, trovo il sentiero piuttosto asciutto a differenza di quanto sta più in basso. Purtroppo non riesco a entrare nella capanna: il pallet e le pietre che ne tengono ferma la porta sono un ostacolo che non provo nemmeno a rimuovere. Faccio ancora qualche metro fino alla sommità del seguente balzo di roccia appena li' sopra. Una volta giunto, intorno ai 2100m, mi trovo al 021010marcri-17 livello della neve caduta di fresco che ha spolverato quelle parti. Sotto, vedo l'alternarsi dei pianoni e i larici che iniziano a tingersi dei colori dell'autunno.
Mentre il pomeriggio si avvia alla fine, arrivano in baita tre persone di Personico, due delle quali del Patriziato, per preparare la baita per l'inverno. Ci lasciano un volume con delle belle foto e decidono di passare la notte nella baita sopra.
Arriva la sera e ci diamo dentro per davvero! Antipasto a base di focaccia preparata li' con cipolle, alici, salamini, pomodori secchi e olive; il piatto forte e' il risotto con i funghi raccolti, preparato con tutti i crismi a partire dall'abbondante battuto di verdura per il soffritto. Pasteggiamo a Châteauneuf-du-Pape, vino-$ che Nando ha deciso di portare per brindare a Personico e al giro nel "buco" che aveva in programma da molti mesi.
Ringraziamo il Patriziato di Personico per averci ospitato due giorni nelle loro capanne; tempo non bello ma adeguato all'atmosfera autunnale che si inzia a respirare. Scendiamo domenica mattina sul presto per essere indietro di buon ora.
Marco "CP"

domenica 19 settembre 2010

Capanna Osola (TI) CH

Come giro di termine estate, durante un fine settimana dal sabato che si annuncia brutto e piovoso, decidiamo per la capanna Osola (1420m) che si raggiunge da Brione con un percorso non lungo per non rischiare di prendere troppa acqua. Sappiamo che all'Osola la legna non manca e, nel caso, ci si puo' asciugare a dovere.
Il giro a media quota, nel bosco, serve anche allo scopo di raccogliere funghi per la cena.
Lasciata l'auto a Brione, la prima metà del percorso avviene lungo la strada che risale la val Osola, laterale della bella e turistica val Verzasca. Sotto un cielo grigio, che però sembra tenere, passiamo accanto alle molte baite tutte rimesse a posto. Scoraggiati dal tempo, lungo questi chilometri di strada incontriamo poca gente, tutti tedeschi. A un certo punto Nando ha la visione che si aspettava: 2 belle mazze di tamburo al culmine della maturazione!
Vengono raccolte, pregustando il seguito nel bosco sotto l'Osola.
Dopo circa un'ora e mezza la strada diviene un sentiero e il resto dei 700 metri di dislivello li si percorre alternando densa faggeta a spazi leggermente più aperti che lascerebbero vedere un po' di panorama se non fosse tutto uniformemente grigio. Arriviamo alla capanna 190910osola-18 Osola non troppo bagnati. Questo e' un posto molto frequentato a giudicare dalle quasi 400 presenze nel 2010, dall'apertura di maggio. Ora siamo solo noi e sei asinelli al pascolo che si fanno insistentemente sotto per ricevere qualche cosa da mangiare. Stefano si rivela anche abile nello scacciarli definitivamente.
Questo giro si segnala per la presenza di Alessandro, alla prima uscita con il S.E.I., che si dimostra un ottimo compagno di merende e da' il suo notevole contributo spaccando la quantità di legna necessaria alla cucina. La capanna non ha infatti il gas, ma questo non ci spaventa: anche qui, da veri "califfi della cucina", diamo sfoggio delle nostre capacità preparando risotto con i funghi, zampone, focaccia che Nando impasta e Alessandro condisce con porri e pomodori saltati sulla stufa.
La sera scorre morbida, aiutata dal mate e da quel po' di grappa che lenisce ogni fatica. La mattina seguente, di splendido sole, saliamo alla capanna Sambuco che sta a un'ora di cammino, in cima alla valle.190910osola-06 La Sambuco è simile alla Osola, il solo vantaggio in più e' la presenza del gas che sfruttiamo per un caffè crogiolandoci al sole del tavolo esterno. Il panorama aperto e lindo che abbiamo di fronte invita a restare qui in val d'Osola, ma ahime' non e' cosa.
Scendiamo con calma, raccogliamo le ultime cose, mettiamo tutto a posto e torniamo all'auto. A differenza del giorno prima, salutiamo molte più persone lungo il sentiero e la strada di fondo valle; altrettante sono in baita a godersi il sole del primo pomeriggio.
Marco

mercoledì 4 agosto 2010

Camminando per Ha Noi

La prima impressione del Vietnam, dall'aereo in fase di atterraggio, e' di un paesaggio stranamente europeo: le case dei piccoli villaggi nella pianura verdissima hanno tetti a spioventi come da noi e non mancano, ben distinguibili, le chiese coi relativi campanili. Durante il tragitto dall'aeroporto a Hanoi i cappelli conici dei contadini, i bufali dalle corna piatte e gli zebu' gibbosi che vedo nei campi salvano il desiderio di colore esotico del sottoscritto, ma una volta in citta' riprende la curiosa sensazione di un'architettura europea: le case non sono i cubi di cemento, con intercalati qua e la' un vistoso tempio cinese, cui mi sono abituato a Taipei, ma costruzioni piu' familiari ai miei occhi cuneesi, edifici che direi a misura d'uomo, il cui stile hanoi risente chiaramente le influenze coloniali. Anche il fatto che le scritte, sia pure in una lingua incomprensibile, siano nel nostro alfabeto (per quanto arricchito da molti accenti) aumenta il senso di Europa: per contrasto torna in mente la sensazione di totale estraneamento, di essere finito in un mondo che non potro' mai capire, che mi aveva colto in uno scalo a Bangkok, nel primo viaggio verso Taiwan, di fronte a una scritta in lingua locale.
  A proposito di lingue, il vietnamita sembra molto influenzato dal cinese: nei tre giorni laggiu' mi capito' spesso di riconoscere delle parole (Halong=Drago calante, in cinese sarebbe Xia Long; Bai Ma = Cavallo Bianco, tanto per citare un paio di esempi rimastimi in mente perche' legati a luoghi di interesse turistico); d'altra parte le iscrizioni sui templi sono in caratteri che a me parvero cinesi. Al ritorno ho controllato su wikipedia: per quanto l'influenza ci sia stata, le due lingue sono molto diverse, non appartengono neppure alla stessa famiglia; ed i caratteri cinesizzanti non sono in realta' gli stessi utillizzati piu' a nord, dato che i vietnamiti ne crearono di propri.
  Tornando al racconto: l'incontro con Stefano e' ritardato dal fatto che il "tassista" mandato a prendermi aspetta di caricare un altro passeggero. E' il primo, moderato esempio dell' "aggressivita' verso i turisti"  che vedro' ampiamente dispiegata nei giorni seguenti, e cui non avevo l'abitudine in quanto mai incontrato a Taiwan (in parte, suppongo, perche' meno invasi dai turisti, ma soprattutto , immagino, a causa del maggiore benessere di Formosa).
  Depositato il bagaglio in un accogliente alberghetto della citta' vecchia (12$ a notte per due persone, a quanto ricordo), il primo giretto. Se gia' case e strade mostravano evidenti ricordi della colonizzazione, la facciata neogotica della cattedrale di San Giuseppe, cosi' simile a quanto si incontra nel nord della Francia, ne e' una testimonianza quasi urlata. L'interno della chiesa, rivestito da intagli lignei, si rivelera' piu' originale, ma nemmeno qui, a quanto discerno in una rapida visita, lo stile puo' dirsi vietnamita: si tratta piuttosto di "neogotico internazionale", che mi richiama una basilica a Montreal. Li' vicino, il Lago della Spada Restituita prende il nome da una leggenda curiosamente simile a quella di Excalibur. Un tempio su un'isoletta e' chiuso, vista l'ora tarda, ma possiamo almeno osservare, all'ingresso, le familiari rappresentazioni della tigre bianca e del drago azzurro (a differenza che a Taiwan, qui non sono accompagnante da figure umane). La giornata si conclude con una birra (o aranciata, a seconda dei gusti) e una cenetta locale, in un ristorante economico. Il cibo non e' troppo diverso da quello cinese; insoliti per il sottoscritto sono invece i minisgabelli che ci fanno da sedie (quelli di altezza normale fanno le veci del tavolo).
  Il giorno dopo, come iniziamo il nostro giro turistico ho altri esempi dell'aggressiva intraprendenza affaristica degli indigeni: non appena usciti veniamo avvicinati da un motociclista che si offre di portarci da qualche parte, a prezzi che all'esperto Stefano appaiono esagerati. E' difficile essere lasciati in pace: ricordo il caso d'una signora che tenta di venderci cartoline mentre sulla riva del lago gustiamo un succoso frutto locale. Ma il caso piu' clamoroso sara' il proditorio e attaccatticio assalto di cui sono vittima mentre attraversiamo una delle affollate strade del centro storico: un tizio si lancia sul mio piede destro e, in apparenza turbatissimo dalle condizioni del sandalo, tirato fuori un tubetto di colla ne versa alcune gocce dove giudica che la calzatura si stia rompendo. Poi ne esamina meglio la suola ed in un attimo il sottoscritto, prima ancora di aver capito cosa stia succedendo, si ritrova con al piede una ciabatta di fortuna, mentre il tizio, accomodatosi sul marciapiede, si da' alla sua opera di restauro. Dopo qualche risata Stefano per fortuna decide di intervenire: chiede all'improvvisato ciabattino il suo prezzo, dichiara che e' troppo, mi fa rimettere il sandalo e ripartiamo, dando al tipo una piccola somma a compenso del "servigio" (a proposito: la valuta locale ha un valore incredibilmente basso: l'unita' piu' piccola utilizzata in pratica e' la banconota da 1000).
  In mattinata passeggiamo per la citta' vecchia, fermandoci al mercato della frutta, in un negozietto che vende riproduzioni di manifesti propagandistici dei tempi della guerra ed in un paio di templi. In uno di questi, recentemente restaurato da una missione francese, una serie di cartelli esplicatori da' preziose informazioni sul significato dell'iconografia, generalmente simile a quella cinese e dunque a me nota a livello figurativo ma per lo piu' scarsamente compresa quanto al valore simbolico. Apprendo ad esempio che la carpa trasformantesi in drago rappresenta lo sviluppo intellettuale dello studioso, e che la tigre ed il drago rientrano nella simbologia di yin e yang.
  Per il primo pomeriggio il piano e' di visitare il museo etnologico,house onde passare le ore piu' calde della giornata al coperto, al conforto dell'aria condizionata. Con nostra grande delusione, quest'ultima si rivelera' inesistente, a grave detrimento delle capacita' intellettive del sottoscritto, che per un paio d'ore vaga tra reperti delle varie popolazioni del territorio vietnamita con occhio vacuo e cervello spento. Va meglio quando visitiamo la parte all'aperto del museo, consistente in una serie di ricostruzioni di abitazioni locali; le piu' interessanti sono alcune capanne tribali su palafitte: il tetto della piu' maestosa arriva a qualcosa come diciassette metri dal suolo e l'interno ci accoglie fresco e ben ventilato.
Ignazio

domenica 27 giugno 2010

Val Cama – b.tta di Strem – val Pilotera

Due pernotti per attraversare dalla Svizzera all'Italia, lungo un percorso gemello rispetto a quello pensato da tempo e anche quest'anno infattibile. Stefano non sarà dei nostri, ed è una delle ultime volte di Giacomo con il S.E.I. poiché sta prendendo piede il suo trasferimento pisano. Il pregio delle traversate come questa e’ che si usano i mezzi pubblici per raggiungere e lasciare i luoghi montani. Partiamo presto con il treno da Milano e cambiamo a Chiasso dove il puntuale treno svizzero ci porta a Biasca per concludere l'avvicinamento a Cama con il postale.

Primo giorno. Cama - alp Vec
E' la terza volta che percorro questo sentiero insieme a Nando per raggiungere il lago di Cama. La salita è all'inizio impegnativa per poi, da Provesc, rendersi piacevole attraverso boschi e sprazzi di pascolo a Promegn e Tambo', sotto il lago. 
250610cama-04L'arrivo al lago di Cama ci mette davanti la splendida cornice di monti che l'abbraccia. Foto classica di rito, e ci mettiamo fuori dal rifugio (chiuso) dei Righetti per pranzo. Ci svacchiamo non poco prima di riprendere il sentiero che, sul lato sinistro, prima segue il lago per poi piegare molto rapidamente salendo verso i bivacchi Albion e Vec. Abbiamo già dormito all'Albion, durante una pioggia torrenziale del luglio 2008: ritroviamo le nostre firme con il ringraziamento del capannaro per la segnalazione delle infiltrazioni d'acqua. Saliamo al Vec (1724m) che due anni fa era in costruzione mentre ora è un posto decisamente accogliente, dotato di un buon livello di comfort (gas, camino, coperte), con un ottimo panorama davanti. La serata scorre morbida, e un bel tramonto ci accompagna al riposo che accolgo (come sempre) con entusiasmo.

Secondo giorno. alp Vec - alp Setaggié
Al nostro risveglio, verso le 8.00, sono ancora un po' addormentato, e mi accorgo appena di un giovane che entra, saluta, e butta un occhio veloce al bivacco prima di salire al laghetto Sambrog dove lo ritroviamo dopo colazione e il riordino della capanna. Benjomin e' un giovane studente di filosofia che si mantiene agli studi facendo le stagioni sui monti, tra poco sara' al Brasca ad aiutare il gestore Fausto. Decide di seguirci per questa lunga giornata di "ravanata" fino alla nostra meta, l'alpe Setagge'. Lasciato Sambrog, ci avviamo verso la b.tta di Cressim tornando leggermente indietro prima di salire a una prima bocchetta che, su terreno sempre piu' pietroso, porta a un  canale che si supera aiutandosi da260610cama-37 una catena. Da qui alla bocchetta di Cressim non ci sono difficolta': seguiamo i segnavia e dalla bocchetta si attraversa tutta la testa della val d'Arbola su una traccia appena visibile e piuttosto piena di vegetazione. Ha ora inizio la ravanata. Invece di scendere fino a una baita senza nome a 1800m decidiamo di tagliare sulla destra e, in piena vegetazione, di risalire la valletta di Egion fino alla bocchetta che da' l'accesso in val Gamba. E' tutto piuttosto stancante, ma ormai si e' in ballo e balliamo Nando e Giacomo avanti, io e Benjomin piuttosto indietro. Arrivati alla bocchetta di Egion ci dividiamo ancora. Si vede la capanna Setagge', e questo da' conforto, ma non e' molto chiaro quale sia la strada piu' agevole. Giacomo e Benjomin scendono quasi direttamente sulla sinistra lungo il bordo di una grande placca, Nando e io saliamo leggermente fino a una traccia pianeggiante che seguiamo finche' troviamo una traccia franosa tra una placca e l'altra che permette, piu' o meno agevolmente, di scendere fino all'altezza della baita che raggiungiamo comodamente in piano. L'alpe Setagge' e' molto confortevole, costruita dalla Societa' Cacciatori Groven, e da loro utilizzata nel periodo di caccia alta, resta aperta tutto l'anno per essere usata dagli escursionisti. Con Benjomin si parla delle rispettive esperienze sui monti, di come abbiamo scoperto il canton Ticino. Incredibile come in val Gamba ci siano ben 7 capanne! Siamo passati in tutte. Benjomin scende all'alp de Poz per la sera, perche' fara' ritorno domani a Cama, mentre noi tre ci prepariamo per la cena e per il meritato riposo.

Terzo giorno. B.tta di Strem - Val Pilotera.
Una volta pronti, si parte per la direttissima verso la bocchetta di Strem, che e' un passaggio piuttosto agevole per lasciare il complesso della Mesolcina e tornare in Italia. C'e' ancora parecchia neve in cima, e l'ultimo canale e' piuttosto verticale. Dalla bocchetta compare il sole, e teniamo la sinistra per passare, su visibile traccia, attraverso la bocchetta di Piodella dalla quale lasciamo la val Bodengo.270610cama-55Passiamo accanto al bel laghetto, adornato di un ultimo ghiaccio, prima di arrivare, un po' a caso, alla sottostante alpe Piodella. Proseguendo la discesa si fa piu' ripida fino all'alpe Lavorerio, capanna della quale e' possibile avere le chiavi. Da qui in poi si abbandona l'alta montagna per tornare ai consueti scenari di media quota con sentiero e tanto verde. Ci tocca un'ultima risalita fino all'alpe Orlo, un bel balcone sulla val Chiavenna. Da qui ha inizio il faticoso ritorno alla civilta' con chicca finale: attraversamento di 3Km di strada asfaltata, alle ore 14.00, e con 35 gradi fino alla stazione di Prata Camportaccio per prendere il treno del ritorno. Gran bel giro! Come ogni anno, da diversi anni, spero che l'anno prossimo svalicheremo dal lago di Cama alla capanna Como.         
Marco

domenica 30 maggio 2010

Traversata Val di Moleno – Val Lodrino (TI) CH

In queste valli di media quota, isolate e solitarie, si può camminare per ore, o giorni, senza incontrare anima viva. In primavera e in autunno si può godere della particolare bellezza dei colori; in estate si patisce un po' il caldo, ma la presenza del torrente, specie in val di Moleno, permette bagni rinfrescanti in alcune bellissime pozze. L'escursione descritta non è particolarmente impegnativa, anche se il sentiero di fondovalle della val Lodrino, pur ben tenuto, ha qualche tratto un po' esposto e la salita all'alpe Vercasca si svolge su una traccia ripida e non sempre evidente.
Primo giorno. Siamo partiti poco dopo le 19 da Moleno. La prima parte della salita, fino al bivio di monte Gaggio, è piuttosto ripida. Poi il percorso spiana e si segue il fondovalle, con qualche saliscendi, fino al ponte presso l'alpe Ripiano, situato in bellissima posizione esattamente nel punto in cui la valle diventa pianeggiante. Passati sull'altro lato, si sale nella faggeta fino all'alpe di Lai, dove si trova un accogliente bivacco (camino, gas, coperte). Noi siamo arrivati all'imbrunire, nell'aria umida della sera. Poco dopo si sarebbe scatenato un temporale.
Secondo giorno. Da Lai si torna indietro fino quasi al bivio dell'alpe Gaggio. Poco prima si incontra (vedi CNS) la deviazione per Bolgri. Da lì, si raggiunge in piano Paron, dove si riincontra il sentiero principale proveniente da Gaggio. Si sale quindi ripidamente a Fronn, situato su un poggio in eccezionale posizione panoramica. Da qui si scende brevemente a una selletta da cui si risale seguendo le indicazioni per Visghed, dove si arriva con qualche tratto ripido. Dall'alpe di Visghed a Pianascio il sentiero, non più segnalato ma sempre evidente, si snoda poco sotto la cresta, con qualche saliscendi. Dall'aerea alpe di Pianascio la discesa in val Lodrino porta in un ambiente sempre più ombroso, fino all'umido catino del  fondovalle. Qui occorre guadare il torrente (il ponte presso Drosina di sotto è crollato alcuni anni fa), operazione che potrebbe creare qualche problema in caso di piena. Noi siamo passati in periodo di disgelo primaverile, ma con tempo sostanzialmente asciutto, e il guado era comunque abbastanza agevole. In caso di forti piogge, la situazione potrebbe però essere diversa. Passati sull'altro lato, si oltrepassa Drosina di sotto e si scende fino all'altezza del ponte 293471lq.1142. Qui si gira a sinistra (ometti) e si prende la traccia, non sempre marcata (qualche albero caduto) che sale ripidamente nella Valegia Scura. Qualche attenzione va prestata nell'attraversamento di un canale dove il sentiero è crollato (conviene passare il canale qualche metro sotto rispetto al punto dove passava il sentiero e poi risalire sull'altro lato dove la traccia torna evidente). Oltrepassata, a  q.1500 circa, la deviazione orizzontale per l'alpe Matro, il sentiero diventa più dolce e l'ambiente più aperto, fino ad arrivare alla bellissima alpe Vercasca, dove si trova un ottimo bivacco del patriziato di Lodrino (lasciare pulito e rispettare questo bellissimo posto!), dove ci si può finalmente riposare. La tappa è infatti piuttosto faticosa (o almeno lo è stato per noi!).
Terzo giorno. Soltanto discesa, finalmente. Tornati al ponte q.1142,293472l si scende lungamente per il fondovalle della valle di Lodrino, molto più chiusa e incassata della val di Moleno, ma (forse proprio per questo) ugualmente suggestiva. Degno di nota è il passaggio dello Sprugh di Spruera, dove il sentiero è in parte scavato nella roccia. Arrivati a Ponn, si scende poi velocemente a Prosito, da dove con 2 km di strada asfaltata (o col postale) si può tornare a Moleno a riprendere l'auto. Anche in tutta questa tappa i sentieri non sono segnati; pertanto occorre prestare attenzione ad alcuni bivi, peraltro indicati correttamente sulla CNS.
Nando

domenica 16 maggio 2010

Intermezzo – Escursione all’alpe Scoggione (LC) I

Tra i posti che si possono raggiungere comodamente in treno da Pavia (ovvero da Milano) uno in particolare ci e' caro da diversi anni, prima che fossimo SEI,  ed e' l'alpe Scoggione. Ci torno volentieri in questa domenica, finalmente senza pioggia, dove mi trovo senza sodali di scarpone al seguito, ma non da solo: mi porto dietro la cagnolina Nike alla sua prima salita di un certo impegno. Scendiamo dal treno alle 9.54 e so che ci aspetta il lungo avvicinamento al sentiero passando per i sobborghi superiori di Colico. Lasciamo la gran parte delle case in 40 minuti, e arriviamo al ponte di cemento sotto cui scorre il torrente (ben pieno). Ne approfitto per togliere le scarpe da ginnastica, mettere gli scarponi e sguinzagliare Nike che inizia a scorrazzare contenta. Le case (e l'asfalto) non sono finite, ma diventano piu' rade, in versione vacanziera, e gia' immerse nel verde. Ci lasciamo alle spalle l'imbocco del Bregamin, che arriva direttissimo allo Scoggione, e prendiamo il piu' comodo '1B' gia' sperimentato piu' volte. Il vero  inizio del sentiero io lo colloco poco piu' su, quasi a meta' dislivello DSCN4619totale, dove si arriva su una roccia che fa da balcone sulla fine del lago di Como e la diramazione val Chiavenna - Valtellina. Il bel panorama e' assolato con molte increspature nel lago a causa del vento, ma nel fitto del bosco questo non si sente per niente. E' trascorsa 1h e 23m, proseguiamo e passiamo per l'alpe Prato e il pian di Formica (2h). In entrambe c'e' acqua. Non incontriamo nessuno: tanta pace e il bosco verde smeraldo. Ha ora inizio la ripida salita per tornanti sul costone della montagna che affrontiamo decisi fino a quando vediamo sopra di noi la luce che segnala l'arrivo. Siamo subito al cospetto del monte Legnone,  innevato da 1600m, e in pieno Sole. Guadagnamo gli ultimi metri e la visione d'insieme dello splendido posto nel quale sorge l'alpe Scoggione, tutto larici e ora una miriade di bucaneve (CAI-Colico, grazie!). Sono le 12.41, siamo arrivati e ci prepariamo per le prossime due ore di meritato svacco. Qui l'inverno e' passato da poco, i larici sono DSCN4577senza aghi nuovi, la fontana e' asciutta e, da fuori, il rifugio e la dispensa sembrano ok. Nike non sta ferma un minuto! A parte quando facciamo pranzo, chiaro. Corre felice anche tra la neve che inizia appena sopra, sul sentiero degli alpini, e non vede la marmotta che a 10m da noi fischia prima di fuggire per sempre. Incontriamo un giovane che scende. Ha passato la notte nel rifugio soprastante, quello ad uso dei cacciatori che e' sempre aperto per tutti. Mi dimentico di chiedergli il tipo di 'accomodation' che offre, pazienza. La prossima volta verifichero' di persona. Torniamo in tempo per prendere il treno delle 17.16 a Colico. Durante il ritorno, sotto il mio sedile, Nike se la dorme della grossa.
Marco

domenica 9 maggio 2010

A zonzo per la val d'Albionasca (GR) CH

Lo scorso giro (Capanna Cadagno, 17-18 aprile) ci eravamo dati queste due possibilita': se ci sono le condizioni ce ne andiamo in cima sull'Adula, altrimenti andiamo in un "buco". Le condizioni meteo che ben abbiamo visto ci hanno spinto verso la seconda opzione.
Il "buco" e' stato scelto nella patria dei buchi: le laterali della val Mesolcina, dove di buchi ce n'e' da vendere. La scelta e' caduta sulla val d'Albionasca: buchetto facile facile, diciamo non troppo apprezzato dagli escursionisti (ci sono buone possibilita` che fossimo i primi frequentatori della zona nel 2010).
Le cascine sono al punto piu` basso degli standard svizzeri, piu` che altro perche` sono vecchie e usura, umidita` e sorci hanno fatto il loro lavoro. Quella dove abbiamo dormito, Albion Bass, era la migliore, con attrezzatura discreta. Diciamo comunque che abbiamo dovuto dare una pulita. 090510albion-13
Salendo a Albion Bass passiamo per Pila ("lo zio dei buchi", dice Nando), e constatiamo che puo' essere un buon posto per l'idea del giorno seguente.
Prima della capanna pestiamo neve marcia, e sopra di essa non e' molto consigliabile andare perche' si sprofonda fino all'inguine. Ci diamo alle incombenze dell'arrivo (asciugatura, pulizia, legna, pranzo) e siamo comodamente seduti in veranda quando si scatena la grandine: una bella fortuna che non abbia anticipato di un paio d'ore!
Il pomeriggio scorre morbido, giocando a carte e leggendo, prima di prepararsi nuovamente alla cena: anche se le possibilita' non sono molte ci diamo dentro: tagliatelle burro e formaggio; lenticchie col lardo contadino di Giacomo (santo subito). Per fortuna c'e' il camino che scalda molto e asciuga gran parte dell'umidita' presente (almeno quella attorno a esso). La sera non accenna molto al miglioramento atteso, pazienza. Il giorno dopo e' tutto piuttosto grigio, ma il sole pallidamente filtra. Scendiamo a Pila e saliamo a Albionasca: qui la valle si apre e da' sul passaggio verso il passo di S. Jorio. Siamo fuori dal buco, ma prontamente ci torniamo. Riscendiamo alla Pila e il sole080510albion-06 esce: scatta il programma grigliata (abbiamo salamelle) con fuoco all'aperto. Prepariamo acconcio focolare e... l'unico accendino del gruppo, il mio, e` rimasto a Albion Bass. Cupa disperazione, ma scatta il piano di emergenza: mentre i veci apparecchiano, i bocia (si fa per dire) risalgono ad Albionasca a prendere dei fiammiferi. Riusciamo a cuocere la salamella e ricordiamo con piacere il giro dell'anno scorso (periodo analogo, buco diverso) dove grigliammo allegramente un sacco di carne.
Ci rimettiamo in marcia e scendiamo sotto una pioggerella che, fortunatamente, non ha anticipato di quella mezz'ora che ci avrebbe rovinato il pranzo.
Marco e Nando

domenica 18 aprile 2010

Capanna Cadagno (TI) CH

Stavolta dobbiamo evitare di sprofondare nella neve marcia! Ormai è aprile, il sole picchia e dunque bisogna muoversi presto.
E così sveglia alle 4:45, ma tra gimcane nelle strade del varesotto,racch soste caffè e lentezze varie, partiamo dal "posteggio invernale" dell'Alpe Casaccia solo alle 8:30. Bene, comunque. Mentre a Busto pioveva, quassù non c'è una nuvola e l'aria è decisamente frizzante. Salita al passo delle Colombe su neve perfetta: i ramponcini delle  ciaspole fanno un ottimo grip (e le pizzoginocchia ringraziano), l'ambiente e la luce sono spettacolari, il percorso facile (unica attenzione: non seguire il sentiero estivo nell'ultimo tratto, ma risalire il fondo del vallone a sinistra della q.2314 e poi arrivare al passo con un breve traverso). La discesa verso la capanna è lunga, ma altrettanto piacevole. Tra l'altro, non c'è nessuno in giro: i lunghi tratti piani ne fanno un percorso pocbellao adatto agli sciatori. In discesa si può seguire l'itinerario estivo con un'unica eccezione: passato il ponticello dopo l'Alpe Carorescio, non continuare lungo la  stradina, che taglia un versante ripido, ma risalire fino alla q.2141 e ridiscendere su pendenze più dolci a sud di questa.
Siamo in capanna prima di mezzogiorno. Non c'è nessuno e abbiamo tutto il tempo di recuperare il sonno perduto e preparare un'ottima (e lagocome sempre abbondante) cenetta.
Il mattino dopo (altra levataccia...) il tempo purtroppo è ben diverso: nevischio, nebbia (per fortuna non fitta), grigiume diffuso. Riusciamo comunque ad arrivare al passo del Sole (si fa per dire, in  questo caso) senza perderci. Qui troviamo le tracce degli sciatori che ci hanno preceduto e senza problemi, anche se un po' infreddoliti, siamo alla macchina, anche stavolta prima di mezzogiorno.finestr
Che fare nel resto della giornata? Il tempo sembra migliorare un po': perché non concludere la due giorni di montagna con un pic-nic in bassa  quota, a vedere un po' di primavera dopo tanta neve, per esempio al Monte di Dentro in Val d'Ambra (uno dei nostri posti "del cuore", almeno prima che la trasformino in un cantiere)? Ma Giove pluvio non ci vuole essere amico: arriviamo a Bodio con un pallido sole, ma... la Val d'Ambra è invece sotto un nuvolone nero, che sembra aspettare solo noi per scaricare tutto il suo contenuto. Ok, abbiamo capito: sarà per la prossima volta.
Nando

domenica 28 marzo 2010

Ospitalità fantastica all’alpe Cingora (VB) I

Questa volta optiamo per una comoda ascesa, l'alpe Cingora in valle Anzasca (www.alpecingora.it). Il sentiero da Pianezza (appena sopra San Carlo) si raggiunge con una carrozzabile in buone condizioni ed e' tutto esposto al sole, cosa che ci concede di trovarci all'inizio del sentiero con molto agio alle 11.30. Il sentiero e' piuttosto diretto e facciamo i 600 metri di dislivello in poco piu' di un'ora. Viene con noi anche il cane Febo. L'ultima volta (novembre 2009, aveva 6 mesi) mi ha costretto a cercarlo su e giu' da Frasnedo a Piazzo (val dei Ratti) perche' si era perso. Questa volta ci segue bene, e anche a lui non par vero di trovarsi su, circondato da amici (ben 4 altri cani) con i quali si diverte un mondo.re
Appena arrivati conosciamo una della quindicina di famiglie del consorzio che ha rivitalizzato l'alpe Cingora ristrutturando le baite e usandole. Hanno sistemato anche un bivacco che, a giudicare dalle firme sul registro, e' ben frequentato (complice anche il sito internet fatto molto bene). Il posto e' decisamente bello, un balcone sulla valle Anzasca nella parte che la separa dalla val Sesia.
"Avete fame?" ci chiede la signora Mirella e ci offre un bel po' di pasta al ragu' con la salsiccia: accettiamo contenti e ha inizio così un fine settimana che, personalmente, a parte un po' di legna e sincerarmi che Febo non scappi per chissa' dove, catalogo all'insegna del dolce far niente. Stefano passa gran parte del pomeriggio a socializzare con i consorzianti, e forse per questo il signor Giovanni viene a montarci la canna fumaria della stufa: ci troviamo così, di colpo, in un bivacco a 4 stelle per i nostri standard. Contemporaneamente, tutta la legna che Nando, Sergio e Andrea hanno tagliato ci garantisce un buon tepore interno.
Anche il signore della baita vicina al nostro bivacco ci da' una mano con la luce elettrica.biv
Siamo solo noi 5 (e Febo) a fermarci per la notte. La cena e' sontuosa come sempre ci capita quando sappiamo che possiamo contare su tante comodita' per cucinare: stufa, fornelli, forno. Sono contento di dare in cucina il mio maggior contributo alla riuscita del giro.
A sera andiamo nella baita di Mirella e Giovanni per quattro chiacchere, giocare a scopone e bere vino. Nonostante l'impegno faccio perdere sonoramente Giovanni. Tornati in bivacco ci accomodiamo. Dormo saporitamente; Febo mi sveglia alle 6.00 per i suoi bisogni e trovo Stefano gia' vestito di tutto punto che si gode la visione di un'alba rosata che annuncia la bellissima domenica di sole che sarebbe seguita. Nonostante tanta bellezza e aria fina, riprendo a dormire per risvegliarmi tre ore dopo. Resisto facilmente all'invito di Nando di uscire per il giro mattutino: lui e Stefano (e Febo), infatti, partono presto per salire verso la croce a quota 1700 mt. circa. L’ascesa diviene complicata anche con le racchette da neve causa il manto nevoso spappolato dal caldo. Dopo circa tre ore sono di ritorno. Grazie agli amici dell’alpe Cingora.
Marco (e un poco Stefano)

domenica 14 marzo 2010

Alla capanna Sponda (TI) CH

Una due giorni di tempo fantastico e, dopo lunga riflessione, decidiamo di andare alla capanna Sponda in val Chironico. La strada che porta all'inizio del sentiero e', naturalmente, bloccata dalla neve e quindi ci tocca un lungo tratto di percorso prima di arrivare all'inizio del sentiero. Dopo una mezz'ora lo troviamo: fino a Golzengo sale, ben ripido, per tornanti. Passiamo accanto a grossi pezzi di ghiaccio che iniziano a sciogliersi. Non e' saggio indugiare e saliamo di buon passo perche' ogni tanto sentiamo il rumore di qualcuno di questi che, poco distante, cade. Arrivati a Golzengo indossiamo le ciaspole, e qui mi separo da Giacomo e Stefano. Sono troppo stanco per star loro dietro: inizia qui la mia lenta ascesa. Arrivo al paese di Cala, bellissimo, e già vedo in lontananza i miei due soci che avanzano decisi. Dopo Cala si traversa fino al torrente, passato il quale inizia il secondo pezzo di salita veramente dura (almeno per me) su per il bosco. Le condizioni della neve sono abbastanza buone, 1 se non fosse per la mia stanchezza si salirebbe bene nel tipo di sentiero che prediligo: rapido che non si perde in chiacchere. 
Arrivo alla capanna Sponda dopo un'ora e mezza rispetto ai miei soci, e scopro che non siamo soli: ci sono tre scialpinisti ticinesi e quattro scialpinisti della svizzera tedesca. Gente tosta per motivi diversi: i tedeschi, nel pomeriggio, sono stati verso il pizzo Forno, che da' sulla V. Piumogna della capanna Campo Tencia (altro bel posto dove siamo stati), i ticinesi hanno vuotato il loro primo cartone di 3 l. di vino e mangiato salame. La serata trascorre, con modalità diverse nel cucinare, cenare, brindare e chiacchierare, tra noi e i ticinesi da una parte e i tedeschi, compitissimi e ordinati, dall'altra.
Anche domenica il tempo e' splendido e, incredibilmente, siamo fuori alle 8.31. Ci dirigiamo verso il Passo Barone, abbiamo davanti sia i tedeschi che i ticinesi che ci precedono. Arriviamo a 2300 metri 4 insieme, e poi non e' piu' cosa per me: andare verso il passo Barone e' complicato dalla pendenza sempre piu' crescente, e verso il passo Soveltra  la neve e' troppo fresca, troppa la fatica. Saluto Stefano e Giacomo e rientro in rifugio dove finisco di pulire la pentola dei pizzoccheri della sera prima. Stefano e Giacomo arrivano fino a 2600. Prima del rientro rincontriamo in rifugio i tedeschi che sono soddisfatti di essere giunti in cima al passo Barone, insieme ai due dei tre ticinesi: quelli che han retto meglio le fatiche enoiche della sera prima.
Marco

domenica 14 febbraio 2010

Capanna Gesero (TI) CH

E' una meta trascurata, ma a me la capanna Gesero d'inverno piace. Ero già stato nel 2008, sempre in febbraio, ed ero rimasto stupito di aver dovuto battere la traccia in salita. Anche stavolta dall'ultima nevicata non era salito più nessuno e, dal libro della capanna, apparentemente nessuno aveva ancora pernottato nel 2010.  
E' vero che le possibilità di escursione dalla capanna non sono molte, ma la zona è piacevole e con la neve sembra quasi selvaggia, dato che non si vedono le varie strade forestali (restano, ahimè, un po' di pali e di ripetitori). La cima delle Cicogne è la meta più consigliabile, ma richiede un po' più di impegno, dato che l'ultimo pendio, sui 35°, è in genere ghiacciato (ramponi consigliabili, WT4). Noi siamo stati in cima nel 2008; stavolta non siamo saliti a causa della brutta neve poco camminabile, a tratti soffice come appena caduta e in altri punti molto ghiacciata.
Percorso. Per cambiare dalla volta scorsa (non è vero: perché abbiamo sbagliato all'inizio e non volevamo tornare indietro), siamo saliti passando dal Dosso di Prada (se non si vuole sbagliare, da ghirCarena salire direttamente sul pendio soprastante il paese e non  farsi ingannare dai paletti segnavia che vanno a destra verso la valle di Prada). Ad ogni modo, anche questa variante è piacevole, sebbene un pochino più impegnativa, specialmente nell'ultimo tratto, ripido, prima dell'Alpe Pisciarotondo. Da lì tutto facile: bei pendii dolci e aperti (gran panorama) fino alla bocchetta q.1745 e alla capanna. Il rifugio ha una cucina attrezzata molto confortevole anche in periodi freddi come questo. Il dormitorio, beh, d'inverno confortevole lo è un po' meno.
Per salire alla cima delle Cicogne, dal rifugio si segue direttamente la stradina forestale fino all'alpe di Biscia, eventualmente tagliando qualche tornante. Dopo, la cosa migliore e più sicura è procedere direttamente in cresta. Volendo evitare l'ultimo tratto immediatamente sotto la vetta (che è piuttosto ripido), si può vist alternativamente salire alla bocchetta a sinistra della cima, più facile, che permette comunque di gettare uno sguardo in valle d'Albionasca.
Nando

domenica 31 gennaio 2010

Capanna Bardughéé (TI) CH

Un altro fine settimana di freddo e vento, ma anche di splendida luna piena. Viste le condizioni meteo, rinviamo a tempi migliori le salite in quota e scegliamo un'escursione tranquilla in Verzasca. Il percorso è molto panoramico e, anche in inverno, può essere effettuato senza difficoltà, magari evitando i periodi immediatamente successivi alle nevicate (vista l'esposizione molto soleggiata, comunque, la neve si assesta in fretta). Nel nostro caso, poi, la traccia era ampiamente battuta e siamo saliti capin poco più di due ore.
Il rifugio d'estate è la base per la salita al pizzo Vogorno, che non ci faremo mancare in futuro. In realtà, un escursionista solitario che ha condiviso con noi il rifugio è riuscito ad arrivare fin quasi in cima anche adesso (ma ha anche commentato che la salita è stata "un casino"; in effetti, anche vista dal basso faceva una certa impressione). Noi ci siamo limitati a esplorare l'alpeggio e gli immediati dintorni, fotografando laghi e monti da mille angolazioni.
Il percorso. Da Vogorno (o, se si va in auto, dal caratteristico borgo di Costapiana) si sale nel bosco di castagni fino a Corte Nuovo. Il tratto successivo rimonta a tornanti un ripido prato sul quale sono disseminati diversi nuclei di baite in posizioni incredibili "a picco" sulla valle. Rientrati nel bosco, in breve la pendenza diminuisce e si giunge nella parte inferiore del grande pianoro dove è situata la capanna insieme a numerose altre baite. Dalalp rifugio si può salire ancora con facilità per circa 200 metri di dislivello, guadagnando la vista del Monte Rosa; più su, come anche in direzione del Pizzo Vogorno, le pendenze aumentano decisamente...
Nando

sabato 2 gennaio 2010

Tempesta di vento a Curgei (VB) I



Appuntamento annuale al bivacco del Gufo per una cena in compagnia degli amici. Anche stavolta riusciamo a trasformare una tranquilla passeggiata in un'avventura, grazie al geniale timing dell'escursione. Scegliamo infatti probabilmente la giornata più ventosa di tutto l'inverno e facciamo la salita in mezzo a una terrificante tempesta di favonio. Ovviamente il percorso di cresta è impraticabile, in queste condizioni; dunque scegliamo il sentiero a mezzacosta. Anche qui nell'ultimo pezzo il vento ha cancellato la traccia e bisogna procedere con una certa cautela, specialmente durante le raffiche, che ci sventagliano di blocchetti di ghiaccio e ci costringono in alcuni momenti ad "ancorarci" al pendio con le bacchette.

La sera, però, abbiamo il nostro premio (oltre a quello consueto costituito dalle libagioni): verso le 22 il vento cessa e possiamo salire al Pernice al chiaro di luna, senza neanche dover accendere le frontali. Una meraviglia, di cui anche qualcun altro si accorge, tanto è vero che il mattino successivo scopriremo che una persona è arrivata al bivacco all'1.30 e ripartita alle 3, peraltro molto discretamente (quasi nessuno si è svegliato).

Il mattino del 3, dopo una splendida alba, il cielo si copre. Saliamo al Pian Cavallone e scendiamo velocemente sotto un cielo bigio. Già che qualcuno prima di noi è salito portandosi la legna, neanche noi vogliamo essere da meno e lasciamo in dono una sega nuova a questo splendido bivacco, sempre ben organizzato e confortevole nonostante l'ampia frequentazione.
Nando