domenica 31 agosto 2014

bocchetta Notar e val Bodengo

Per questa gita alla b.tta Notar (2095m) siamo in un buonissimo numero: cinque, tra soci S.E.I. e simpatizzanti. Il meteo, ovviamente, non è dei migliori ma ormai ci abbiamo fatto l'abitudine.
ambiente sotto la b.tta Notar

Il luogo del pernotto di sabato è il bivacco del Notaro (1882m) che, con dei fondi Interreg, è stato (ri)messo in piedi presso l'alpe del Notar, in un posto stupendo e denso di storia, crocevia di contrabbandieri dalla/per la  Svizzera ai tempi delle guerre, e ai miei occhi semplicemente un posto in cui far tappa per meravigliose escursioni di concatenamento bivacchi (capanna Como inclusa) tra le valli Darengo, Cama, del Dosso, Leggia e Bodengo: ce ne sarebbe da girare qui intorno! Ma questa volta ci si limita a passare tra Italia e Svizzera per la b.tta Notar.
il canale prima del bivacco
Lasciamo l'auto a metà mattina appena sopra Bodengo (1030m), dopo esserci procurati il permesso di transito e sosta valido per tutto il weekend presso un bar di Gordona (costo 9 euro). Cominciamo la placida risalita della verdissima valle. Qui e là, ci sono diverse auto parcheggiate ma non incontreremo alcuno per tutta la salita. La meta è chiara: raggiungere la chiusura della val Bodengo e poi piegare sulla destra. Quello che non era chiaro, almeno a me che non ho letto nulla che descrivesse il sentiero, è la bellezza del canale finale a scale di granito ricavato nella roccia: un antico retaggio della civiltà della montagna tutt'ora utilizzato per portare su e giù le mucche che, in tutta la valle, la fanno da padrone. Attraversando infatti le varie Corti (terza (1191m), seconda (1369m), e la quasi invisibile prima a 1540m) sono diversi i ricoveri e le stalle ricavate in austere costruzioni di roccia.
b.tta di Correggia (2201m)

Fino sopra Corte Seconda si percorre un larghissimo sentierio di sassi e ghiaia qua e là punteggiato di verdissimo bosco dove ogni tanto qualcuno di noi tende sguardo e olfatto alla ricerca di pregievoli frutti della terra. Sotto Corte Prima, avvicinandoci alla chiusura della valle, si passa su grossi sassi di antiche frane fino a seguire i segni (sempre presenti e visibili) che invitano a tagliare sulla destra. che ci conducono al pregevolissimo canale di cui sopra e al bivacco. Arriviamo su e sappiamo che non siamo soli: troviamo infatti il pastore Martino che con il suo cane Nebbia passa qui diverse settimane di fila durante la stagione estiva.
b.tta del Notar (2095m)
La sua capanna è ricavata in una metà della costruzione che ospita il bivacco. Ci rendiamo incredibilmente utili riaccendendo lo scaldabagno a gas che permette di avere acqua calda in bivacco e, volendo, di fare la doccia: dopo l'alpe Spluga in val Maggia questo è il secondo luogo a me noto che dispone di questa possibilità.
Il bivacco, tutto nuovo e pulito, con rivestiture in legno ci sembra ottimamente isolato per l'inverno grazie a una larga intercapedine che lo separa dalla roccia. Conta sei posti letto con coperte, cucina a gas, stufa e tanta legna. La dotazione della cucina consente di farci la focaccia che l'ottimo Nando impasta e prepara. Il piatto forte della serata sarà riso con fonduta di formaggio, ma è ancora presto per la cena: dato che non piove, voglio assolutamente andare in bocchetta. Dal bivacco sono solo 150m ben segnati e per nulla difficili. Salendo, si incrocia quasi subito una traccia a sinistra che permette di raggiungere il sentiero alto che porta alla b.tta Correggia che dà accesso alla val Darengo e all'omonimo laghetto incastonato nel suo famoso anfiteatro di roccia dalla straordinaria bellezza.
lago di Cama (1265m)
Una volta su mi fermo a godermi la sensazione di trovarmi esattamente dove avrei voluto essere. Trovo in un buco della roccia una cassetta, firmo il registro annotando il mio passaggio ma ora desidero fortemente vedere il lago di Cama, e inizio a traversare in quota, ravanando tra i mirtilli e i rododendri stando in quota e avvicinandomi al Pizzo Martello. Alla fine sono fortunato! Riesco a vedere il lago giusto pochi minuti prima che una densa nube avrebbe avvolto tutto da nebbia... Durante il traverso mi guardo attorno: bello...bello. Vedo luoghi a me cari come l'alpe di Vazzola, il passo del Segnale e mi immagino dove sia l'alpe d'Albion. L'altro lato della valle mi è nascosto, tranne alla fine quando, a destra del lago, vedo chiara la ferita della grande frana 2013.
domenica, tutti in bocchetta!
Svalico prima che tutto sia nascosto, il tempo di mandare un sospiro alla b.tta di Correggia dove non andrò anche questa volta, e sono giù a godermi la serata con i miei sodali. C'è con noi anche Martino che ricambia l'invito a cena portando dello splendido salame e una bottiglia di vino (sempre la benvenuta).
"Fu sera e fu mattina" anche questa volta, e dopo colazione si va in bocchetta tutti quanti prima di rimettere a posto il bivacco e lasciare Nebbia, Martino, e questo luogo affascinante. Spero di tornare qui presto, con altre condizioni meteo e con la voglia di traversare ovunque. Durante la discesa ci è compagna un po' di pioggia.
val Bodengo, sulla via del ritorno

I ringraziamenti finali, oltre al nostro Presidente S.E.I., vanno all'amico Alberto - Bradipo delle Alpi dal quale abbiamo saputo del bivacco del Notaro nel mese di gennaio scorso.
Grazie a tutti!
Evviva il Presidente!
Evviva il S.E.I.!
CP

giovedì 21 agosto 2014

monte Legnone in giornata

Scoggione, p.sso Colombano e Legnone
Un'estate di tanto brutto tempo, tipicamente concentrato durante i fine settimana, che purtroppo porta a riconsiderare il piano dei giri che si aveva intenzione di fare....che fare quindi? Idea! Si va in giornata quando il meteo lo consente.
Così è stato, e con l'amico Stefano decidiamo di fare una salita sulla vetta del Legnone approfittando del bel tempo concesso per la giornata del 21 agosto.
Partiamo da quota 530m circa, da sopra Villatico, appena prima del guado del torrente che scorre incanalato (loc. Robustello). Salto la descrizione del sentiero 1B fino al p.sso Colombano, trovandosi altrove su questo blog (e in rete è pieno): consiglio comunque di guardare la carta dei sentieri dell'ottimo CAI Colico.
inizio del traverso (2090m)
Dopo 3 ore circa di cammino, passando per il rifugio Scoggione (chiuso) e vedendo da lontano il Baitel nel quale fervono le attività (qualcuno infatti sta tagliando legna), arriviamo al p.sso Colombano dove il palo che regge il cartello è piegato dal peso della tanta neve di questo inverno. A questo punto i segni da seguire diventano più scarsi, e mi affido alla memoria. Circa 10 anni fa sono salito in cima al Legnone e mi ricordo il traverso sulle rocce che si prendeva attraversando il primo pezzo dell'anfiteatro di questa parte di val Lesina. Per accedere al traverso (che dal passo si vede bene!) occorre però prima salire sulla ripida costa sulla destra del p.sso Colombano. 
sul traverso: rocce lisce e ripide
Anche se sotto di esso si vedono numerose tracce, quel che c'è da fare è salire. Si percorre un sentiero abbastanza visibile, per quanto appena abbozzato e tra sassi e che attraversa pure una zona franata. Dai vecchi segni ormai usurati dal tempo che ogni tanto affiorano si capisce che questa è la direzione corretta. Una volta raggiunta la cimetta sopra il p.sso Colombano si traversa più o meno a vista, sempre seguendo il sentiero, e ancora attraversando una vecchia frana. Ci si mantiene tra i 2080m e i 2100m. Subito all'inizio del traverso ci sono corde in ottime condizioni che ci accompagnano per tutta la durata di esso: in questo modo non c'e' alcun problema soprattutto se il fondo è asciutto, altrimenti serve attenzione in alcuni passaggi su roccia parecchio esposti. 
sul canalone con il "nevaio del Legnone"
Arriviamo alla fine del traverso dopo un'ora e mezza dal p.sso Colombano! Colpa della ravanata iniziale per trovare l'accesso al traverso e dei 45 minuti buoni per attraversarlo tutto: a un certo punto, vedendo la corda penzolare in basso, sbagliamo tirando dritti e seguendo un immaginario percorso su cresta sempre più sottile ed esposta... Capito l'abbaglio torniamo indietro per tornare sulla traccia giusta 15m sotto. Ora so che non a caso penzolano qui le corde... 
in cima! 5h e 30min
Al termine del traverso non ci restano che gli ultimi 500-550m di canalone finale, ripido all'inzio per poi mollare 150m sotto la cima e in questa stagione mai pericoloso. Salendo, a quota 2450m circa, vediamo il famoso "nevaio del Legnone": un nevaio perenne, come pare, e molto ridotto in estate. Dopo 5h e 30min siamo in vetta! Non da soli, perché oltre agli umani e a Nike, ci sono numerosi stambecchi quasi addomesticati...
Ci diamo a un pranzo frugale, e poi visto che si è annuvolato giusto in tempo per mancare il panorama di vetta, nulla ci trattiene più dal rifare a ritroso il viaggio dell'andata: dopo 20 minuti circa siamo nuovamente in marcia. 
senza timore, sul vuoto
lì, decisamente a loro agio
Questa volta il traverso passa via veloce e ci concediamo una pausa al Baitel per firmare il registro e salutare la vecchia conoscenza S.E.I. Ermellino che, con i suoi amici cacciatori (qualcuno salito in moto), tagliano tanta legna per la loro prossima stagione di caccia alta.
Dopo 10h e 30min siamo di nuovo in auto. Una bella giornata di tanta strada percorsa, bei luoghi ancora negli occhi e il desiderio di tornare presto sui sentieri sperando in una maggiore clemenza del meteo.
Evviva il Presidente! Evviva i volontari del Baitel!
Alla prossima.
CP

lunedì 18 agosto 2014

Ucia de Gran Fanes

I monti pallidi devono il loro nome alla leggenda di Dolasilla, la sposa di re Laurino signore del Rosengarten. I colori troppo accesi delle montagne abbagliavano la consorte, così il re decise di nasconderli, ma per non dimenticarli fece sì che al tramonto, anche se solo per un breve istante, tornassero alla luce in tutto il loro splendore. Al tramonto le cime del Fanes, la terra natia di Dolasilla, sono ancora testimoni di questo mito.






Il tramonto sul Fanes ci indica la meta per l'ultima escursione dolomitica di questa estate. Un pensiero mi passa per la testa: la prima volta che ho fatto questa gita è stato trent'anni fa. Anche oggi mi fanno compagnia Fabrizio, Enrico e Tommaso. Il tempo è incerto, ma vedere le vette del Fanes dalle spalle, dal passo di Limo appena sopra l'alpe di Fanes grande, ci sembra una meta alla nostra portata.

Al mattino partiamo dalla Capanna Alpina (1726) nel vallone del Sarè, poco prima del passo di Valparola. Il bosco è carico del profumo dei mughi, si aprono piccole radure bagnate dai ruscelli che scendono dal Conturines e dal Lagazuoi. Di buon passo saliamo le strette volte del sentiero fino al Col Locia (2069), la porta di ingresso del Fanes. Il sole cerca di farsi vedere, ma alle nostre spalle la Marmolada è coperta dalle nubi.


Qualche saliscendi. Attraversiamo ruscelli dal colore ocra per i sedimenti delle acque. Rari alberi punteggiano la distesa dei mughi, alcuni testimoni della violenza dei fulmini. Alle spalle della macchia di vegetazione le rocce prendono il sopravvento e si alzano assumendo forme contorte.







Il sentiero continua superando dolci avvallamenti prodotti dalle frane che hanno sagomato nei secoli queste friabili montagne per arrivare ai primi pascoli. Davanti a noi l'alpe di Fanes grande. Ci sono molti cavalli liberi al pascolo.


Poco oltre vediamo anche le marmotte ormai pronte per il letargo invernale...


...un altro effetto di questa strana estate.

Ogni volta che torno in questo luogo penso che non valga veramente la pena tornare indietro. I pensieri volano lontani, mentre superiamo un ultimo prato ed il sentiero arriva alla Ucia de Gran Fanes (2102) dove il sentiero incrocia quello che sale da Cortina costeggiando il rugginoso rio Fanes.








Qui facciamo sosta, e qui ritorneremo per il pranzo, ma dobbiamo ancora vedere le cime del Fanes. Proseguiamo per il lago di Limo (2159) e da lì all'omonimo passo (2172) da dove si vede l'alpe di Fanes piccola ed alle spalle l'anfiteatro delle cime che sovrastano i rifugi Fanes e Lavarella. Appena sotto la curiosa formazione rocciosa chiamata il Parlamento delle Marmotte.









La vista è incantevole e stupisce quanto siano differenti queste cime quando vengono viste dalle spalle. Da ovest ad est: (Lavarella, Forcella di Medesc,) Passo di Sasso Croce, Cima Cavallo, Sasso delle Dieci, Sasso delle Nove, Monticello del Fanes, Forca di Ferro.

Contenti torniamo alla malga per il pranzo e quindi rientriamo alla Capanna Alpina per lo stesso sentiero dell'andata.

domenica 17 agosto 2014

Sas de Putia

Non posso vivere senza vedere le Dolomiti almeno una volta ogni anno. Gli ultimi raggi del sole sulle cime del Fanes rimangono uno dei paesaggi più belli delle alpi. Le case e gli hotel della val Badia cercano di rovinare questi colori, ma per ora non riescono ancora nell'impresa. In compagnia di Fabrizio, Enrico e Tommaso mi dirigo al passo delle Erbe, tra val di Funes e val Badia, per salire sulla anticima del Sas de Putia, la propaggine più settentrionale del gruppo Puez-Odle. In questo piovoso mese di agosto è il primo giorno di cielo sereno. Un particolare che non è passato inosservato ai numerodi turisti della valle...








...alla partenza è come nella piazza delle Erbe di tante città italiane, ovvero sembra un giorno di mercato con genti chiassose che sciamano per gli alpeggi ed i rifugi del passo. Tuttavia, basta alzare lo sguardo per capire che lungo la salita saremo in pochi.

Il percorso è un tratto della classica Alta Via numero due da Bressanone a Feltre. Il sentiero si mantiene sui prati del passo delle Erbe (2000) fino ai contrafforti del Sas Putia, quindi lo aggirara sulla destra e, rimanendo sospeso sopra la testata della val di Funes, raggiunge le Eores alla forcella del Putia (2357). La salita è facile e diretta tra i radi mughi della valle che conduce alla forcella. Qualche chiazza di neve lungo il sentiero testimonia l'insolito clima di questa estate. Alla forcella prendiamo la decisione. Mangiamo qualocosa e riprendiamo decisi per la salita che porta all'anticima.

In questi ultimi anni il sentiero per la anticima del Sas de Putia è stato ben sistemato e non presenta più difficoltà tecniche per la salita. Solo chi vuole raggiungere la cima (2875) deve essere preparato ad un tratto esposto su roccette facilitato da una corda fissa. Il sentiero si snoda per larghi tornanti risalendo la costa sud della montagna fino ad uno stretto canale (le mani sono d'aiuto nella salita) che ci permette di portare lo sguardo sull'intera val Badia (2716).

I miei amici si fermano qui contenti della vista già ampia. Io proseguo per lo strappo finale. Il sentiero piega ad ovest verso l'anticima, lasciando sulla destra la traccia che porta alla cima. I passi sono rallentati dalla quota, ma la meta è ormai vicina. Il sentiero guadagna l'ampia cresta tra cima ed anticima, mentre si aprono scorci mozzafiato verso il fondovalle distante più di mille metri, e quindi continua diretto fino alla croce che segna l'anticima (2813).

Dall'anticima la vista è notevole. Da ovest a nord: (Brenta, Adamello, Ortles, cime della Venosta,) cime del Brennero, Gran Pilastro, Vetta d'Italia e Pizzo dei Tre Signori.








Da est a sud: (Croda del Becco,) Croda Rossa, Fanes, La Varella, Conturines, Tofane, Pelmo, Civetta, Marmolada, Sella, Puez, (Sasso Lungo, Scilliar).







Soddisfatto ed inebriato torno a valle correndo d'un fiato la discesa fino alla forcella e, dopo una sosta per mangiare, giù fino al passo delle Erbe per bere un meritato succo di Sanbuco e ritrovare i miei amici.