domenica 27 dicembre 2015

in Val Grande da Cicogna alla Colma di Belmello

il manipolo S.E.I. avanza di buon passo
Questo ritorno in val Grande dopo molto tempo ci vede al seguito della più piccola della famiglia del Segretario S.E.I.: così insieme alla simpatizzante Nike, siamo ben in quattro per l'uscita defaticante di fine anno nel bel mezzo delle festività. Partiamo da Cicogna (732m), è la prima volta che ci vado, e la meta di giornata è la Colma di Belmello (1589m), vicino alla Cima Sasso (1916m) nel cuore del Parco Nazionale. Le nebbie zeppe di polveri sottili della pianura, durante questa ennesima giornata di alta pressione, sono alle nostre spalle, così non appena usciamo dall'auto a Cicogna ci accoglie l'aria sottile e gelida delle 10.00 del mattinata ancora in ombra: proprio un'altra aria e proprio un altro cielo. Finalmente azzurro.
alpe Pra e la Casa dell'Alpino (1250m)
Lasciato l'abitato, si raggiuinge in fretta il limite del sole 100m sopra le nostre teste. Fa caldo, e tutto intorno è giallo: un secco incredibile che fa ancora più specie se pensiamo di essere in uno dei luoghi dalla maggior piovosità d'Italia... Il primo posto tappa è "La Casa dell'Alpino", pregevole rifugio dell'ANA di Intra in località alpe Pra (1250m), luogo che raggiungiamo in 52 minuti, soste incluse, grazie al gran ritmo che imprime alla progressione la più giovane del gruppo. Facciamo pausa e Nike si sfama. Al rifugio non c'e' acqua, e non ci sarà in tutto il percorso. Proseguiamo per arrivare a vedere Pogallo dall'alto di un pianone in località alpe Leciurt (1311m).
Pogallo e Pian di Boit
Splendido paesaggio! Nando mi dettaglia il circondario: Pogallo, Pian di Boit, ecco il luogo del Gufo (il bivacco Curgei) e sopra di lui Pian Cavallone.
Completiamo il percorso in cresta con molte foglie secche a occultare il sentiero e, poco prima di arrivare alla meta di giornata, fa capolino sua maestà il Monte Rosa dietro la parete di cime sud-occidentali della val Grande. Gran bella visione una volta alla Colma! Davanti a noi, il buco della val Grande: e l'abitato di Velina, al sole, proprio sul bordo dell'abisso, quasi a fornteggiarlo. Immagino il percorso da lì lungo il fondo valle...risalendo il rio...un posto che ora non vede sole, ghiaccio, pericolo per le corde marce e le passerelle franate, ma comunque tanto fascino. Parafrasando la famosa definizione di P. Bellavite, la cima della val Grande ovvero il suo fondo. 
davanti al "buco" della val Grande
Ci rilassiamo al sole pranzando e godendoci la fine della mattinata. Arriveranno solo altre due persone che si dirigono alla Cima Sasso. Dista 1h da qui, forse meno dice Nando, ma comunque troppo per provarci.
buone feste da Cicogna!
Torniamo per la via dell'andata incontrando un po' di persone lungo il sentiero e premiandoci con un gelato o una cioccolata calda in gelateria sulla strada subito dopo Mergozzo.
Al ritorno la mia compagna di viaggio resta sfinita sul sedile a ronfare: affronto in solitaria l'ambiente ostile della nebbia più completa da Ghemme a Pavia. Ma anche questo fa parte del gioco.
Evviva il Presidente!
Evviva il S.E.I. e buon 2016 a tutti!
CP

domenica 6 dicembre 2015

valle d'Antabia e capanna Pian di Crest

la meta: capanna Pian di Crest (2108m)
La meta di quest'ultimo(?) giro del 2015 è la capanna Pian di Crest (2108m) in valle d'Antabia, una laterale della valle Bavona. Provenendo da Bignasco, percorriamo la val Bavona in auto fino a San Carlo: ne ammiriamo la conformazione, le rocce, i paesaggi e i paesini di foggia Walser concordando come questa valle sia piuttosto simile alla val Formazza subito lì dietro, svalicato la cresta di cime a ovest. 
i sodali su per le lunghe scale
Qualcuno di noi è stato qui in condizioni estive facendo l'appagante traversata da una all'altra valle attraverso il Tamierpass. Per tutti gli altri questi luoghi sono una bella novità. Appena prima del ponte che dà accesso a San Carlo sta l'inizio del sentiero e incredibilmente non siamo soli: una coppia di orientali (sud coreani? giapponesi? Boh...) sale anche lei, ma senza l'idea di pernottare. L'attuale situazione meteo consente così al S.E.I. l'accesso a un luogo altrimenti difficilmente raggiungibile in questa stagione. A rendere non agevole la salita invernale sta la classica conformazione "a scale" del sentiero: scale fino a Olmo (1150m), poi un timido pezzo in falsopiano fino al bivio non segnato, poi scale in ripida salita fino all'alpeggio a quota 1495m e ancora scale in salita, ma meno dure, fino a Corte Grande (1914m). Spettacolare il largo torrente ghiacciato prima di Corte Grande! Lo passiamo balzellonando sui sassi appositamente inseriti. Tutto intorno stanno, al sole dietro di noi, il Poncione di Braga e il Pizzo Castello. Purtroppo noi siamo lontani dalla diretta esposizione al sole, saliamo nel buco in ombra, manco fossimo vampiri... 
verso Corte Grande, splendido ghiaccio
Corte Grande viene accolta con soddisfazione: questo alpeggio è posto splendidamente! Riceve ancora molto sole fino a metà pomeriggio. Si fa pausa e mangiamo della frutta secca. Siamo stati circospetti a salire, perché abbiamo trovato grandi accumuli di foglie lungo le scale che fanno perdere di vista le sottostanti rocce lisce, e possono capitare gli scivoloni con conseguenti dolorose storte...mannaggia.
Salendo ora su terreno meno ripido, e non più roccioso, non troviamo neve. Ce n'è poca e dura solo in cima al colle sul quale sorge la capanna Pian di Crest; anche tutto intorno il versante nord del Pizzo Sologna non ce n'è molta davvero. L'ultimo di noi entra in capanna dopo 3h e 5min dall'auto, tempo che include una sosta di 15min in Corte Grande, e 30min buoni dopo il precursore che inseguiva gli asiatici ("..cavolo, ma come vanno questi, non lo avrei mai detto") i quali evidentemente erano già scesi per altra via: quale via resta un mistero... 
sotto la capanna con Poncione di Braga (sx) e Pizzo Castello (dx)



La capanna è già in ombra dalle 14.00 (domani scopriremo che prende sole dalle 11.30), il sole trovandosi a illuminare di aranciato le lunghe pareti dei contrafforti sud del Basodino, terminando giusto 30m sopra di noi. La capanna che funge da ricovero invernale è quella più in fondo, chiusa da una lastra di alluminio che occorre svitare. Essa è composta dalla cucina con due tavoli, ottime lampade a gas (ne accendiamo solo una), stufa e suppellettili varie, da una stanza dormitorio attigua l'ingresso (dormiremo qui: ci sono materassi e coperte in abbondanza per il numero che siamo) e da una mansarda dal pavimento in legno ove stendere i materassi. In caso di tanta neve, l'ingresso in capanna è garantito dalla scaletta esterna che porta direttamente alla finestra della mansarda. 
Pizzo Sologna (2698m) e laghetti d'Antabia
Nel pomeriggio, dopo il doveroso te' del benvenuto in capanna, inauguriamo ufficilamente il nuovo corso della "bibita calda e speziata", e impastiamo la focaccia.
Le corte giornate non possono fare altro che farci sedere a tavola prima: così è, e ci diamo al risotto e salsiccia prima di ammirare le numerose stelle che la luna all'ultimo quarto fa risaltare molto meglio...il sonno giunge salutare e benedetto come sempre.
i contrafforti del Basodino al sole
La mattina dopo, usciamo dopo colazione per recarci a vedere i bei laghetti di Antabia. Si prova ad andare sopra, verso la cimetta del Pizzo Sologna posta a 2470m, ma si desiste: poca la motivazione. Si mette tutto a posto e alle 10.30 salutiamo la capanna Pian di Crest, contenti di averla vista (o ri-vista) e di aver apprezzato la sua generosa ospitalità.
Grazie al SEV, alle informazioni ricevute per telefono dal simpatico capannaro e, non ultimo, grazie come sempre al Presidente: con lui pare che ci rivedremo presto!
Alla prossima avventura S.E.I.,
CP

domenica 1 novembre 2015

A spasso tra Ticino e Grigioni

Dopo averla pensata diverse volte, riusciamo ad instradarci verso la meta agognata: la capanna Michela-Motterascio.
Nonostante gli impegni di lavoro, sabato mattina siamo sotto l'imponente diga del Luzzone in val di Blenio con una giornata d'autunno avanzato a dir poco spettacolare e con tutte le condizioni per salire agevolmente oltre i 2000 metri.
L'auto viene lasciata alla fine del lago artificiale a quota 1650 metri; subito ci ficchiamo nello stretto buco che da Garzott porta a Rafüsc. In basso e nel precipizio vediamo il lago che entra per diverse centinaia di metri nel solco del torrente, mentre il sole spinge i suoi raggi obliqui appena sopra di noi. Dopo Rafüsc ci mettiamo in maniche corte. Sole. Tutto è perfetto: l'aria fresca aromatizzata dalle fragranze di abete e larice, l'erba verde velata dalla brina, le cime appena innevate scolpite nel paesaggio, la buona compagnia, il ritmo di un recente pezzo di Jono McCleery in testa...
Fino a 1750 metri i larici sono nel loro perfetto, decadente, splendore con gli aghi prossimi alla caducità colorati di giallo che tende all'arancione. Solo gli alberi più riparati mantengono ancora nei loro apici timide tonalità di verde.
A Trachee appare ben nitida la forma squadrata del rifugio 200 metri sopra la nostra testa, ed è anche qui che qualcuno rimane un poco indietro.

Dopo aver bevuto due tazze di tè in capanna e senza mangiare, alle 13 siamo nuovamente fuori nella bellezza dell'alpe di Motterascio. Meta: la visita al rifugio Terri nei confinanti Grigioni. Attorno a noi cime poco innevate che superano i 3000 metri, e valli amplie di erba gialla e macchie di neve. In località Crap la Crusch, entrando nei Grigioni, si apre una vallata immensa, costellata da minuti laghetti semighiacciati e da un corso d'acqua che si instrada verso nord, verso il Reno. Il Plaun la Greina.
La percorriamo velocemente ammirando gli spazi ampi sagomati dal tempo che ricordano montagne alte alte di altri Paesi. Raggiungiamo la Terrihütte nel pomeriggio avanzato, quando l'ombra delle montagne sta per coprire parte del paesaggio. La capanna sita a 2170 m è impeccabile, deserta e pronta per il Generale inverno. Siamo arrivati da un passo a ca. 2350 m; davanti a noi ed in basso si delinea la val Sumvitg e in fondo svettano i 3400 metri del Bifertenstock.

Torniamo in capanna Michela quasi al tramonto dopo diverse ore di cammino, in tempo per impastare la focaccia e preparare un risotto con zucca e taleggio, dominando la stanchezza come se niente fosse. La capanna Michela-Motterascio del CAS consta di una parte invernale dotata di cucina con stufa a legna, energia solare e da due camerate con piumoni. Dalle ampie e moderne vetrate facciamo in tempo ad ammirare il crepuscolo serale.

Il giorno dopo alle 9 siamo in basso, sul lago Luzzone, pronti ad inforcare il sentiero che conduce in val Scaradra. Ancora una breve salita ripida, poi si apre la valle stretta e pietrosa che termina con una parete quasi verticale. Si rimpiange il sole, le miti temperature ed i panorami grandiosi del Motterascio e la Greina.
Ormai quasi alla fine della val Scaradra, dopo avere attraversato alcuni torrenti pieni d'acqua, sulla sinistra si presenta una ripida salita nell'ombra. Neve sciolta e ora gelata. Un poco di ghiaccio. "In discesa mettiamo i ramponi",  dice CP. Sì.
Verso le 10:30 raggiungiamo la Capanna Scaradra a 2170 metri di altitudine. Il sole riempie lo stretto altopiano dove è posto il rifugio.
Il vin brûlé scorre caldo nelle vene mentre un gruppo di camosci corre tra rocce e porzioni di neve, lontani da noi.




Esteban

domenica 11 ottobre 2015

la valle d'Osogna o il trionfo dell'autunno

di fronte a noi la val Lodrino (e il Poncione Rosso 2505m)
Le valli della destra (idrografica) della Riviera ormai le conosciamo bene: Gnosca, Moleno, Lodrino, Iragna... e anche quelle dopo, che si staccano dalla Leventina. Certo ci mancano ancora dei luoghi interessanti da visitare, e soprattutto dei concatenamenti di più giorni che vengono continuamente rinviati perché non si trova mai il tempo. Invece dall'altra parte, sotto il Pizzo Claro, ci manca quasi tutto. 
A dire il vero, dalla parte del Brogoldone e del Piz Molinera siamo andati più volte, anche d'inverno, ma più su, a nord del Pizzo, mai. Forse perché i versanti sono assai ripidi e si parte tassativamente a piedi dal fondovalle, o forse perché i punti d'appoggio sono in quantità minore, e non aperti in permanenza, fatto sta che di quelle zone si è tanto parlato, ma non si è mai riusciti a concretizzare.
salendo ci accompagnano splendidi colori...
Eppure ci sono due valli, poco frequentate ma profonde e interessanti, che dalle (poche) descrizioni che si riescono a trovare, meritano assolutamente una visita. Sono la valle di Osogna e quella di Cresciano, e ora è arrivato per il S.E.I. il momento di battezzare la prima delle due, dove sappiamo che il Patriziato locale ha ristrutturato un buon numero di cascine, e sta ancora proseguendo nella meritoria opera.
La situazione infatti è ottima: è finito il periodo di caccia alta in cui i rifugi sono riservati ai gruppi locali, la stagione è ancora mite e i colori dell'autunno si annunciano al massimo del loro splendore. Prendiamo dunque accordi col Patriziato (persone gentilissime ed estremamente disponibili) e otteniamo un passepartout per tutte le cascine del fondovalle. L'idea è quella di fermarsi a dormire nella prima di queste (Vóisc), dove sicuramente non ci sono problemi di acqua e dove anche l'approvvigionamento della legna è più facile dato che si è sotto il limite del bosco.
Arrivarci, comunque, non è proprio una passeggiata: il dislivello non è elevatissimo, ma il percorso è impegnativo a causa dei cambi di pendenza e della presenza del famoso (e spettacolare) tratto delle scalinate che permette di uscire dal "buco" del fondovalle. Questa è sicuramente la parte più tosta della salita. 
Arrivati a Merisciolo (il bel maggengo che apre la parte alta della valle), la pendenza diminuisce e il percorso si fa più regolare. A Vóisc constatiamo che siamo fortunati: nonostante la cascina sia nel fondovalle, l'esposizione a sudovest garantisce un ottimo soleggiamento nel pomeriggio: sembra che l'astro voglia stare appena sopra la linea di cresta del versante opposto e così ci regala il suo calore fino all'ora del tramonto: tra un mese o anche meno, quando i raggi saranno solo un pochino più bassi, qui sarà solo ombra.
l'alpe di Vóisc (1575m)
Nel pomeriggio qualcuno raggiunge la capanna sita in alpe di Gösro (1791m, 35 minuti da Vóisc) per verificarne le condizioni e capire se ci si può fermare a dormire: Vóisc ha solo quattro letti (con materassi e coperte), noi siamo in cinque...
La sera trascorre al caldo della stufa tra le consuete piacevolezze culinarie (la stagione mite ci ha permesso di raccogliere alcuni tardivi frutti del bosco) e il sonno passa tranquillo con qualche piccola interruzione dovuta ai rumori causati dalle scorribande del sorcetto locale (alla fine dormiamo tutti qui, si fa un letto improvvisato per CP con coperte e un sacco a pelo pesante recuperato in loco).
il balcone di Örz visto da Gösro



Al mattino è naturalmente il momento di visitare le cascine superiori, dove abbiamo ulteriori conferme dell'ottimo lavoro del Patriziato. In particolare, è straordinaria la posizione di Örz (2087m, qui, con un mille grazie a Gianni), tra gli splendidi Torent (o Torroni) Alto e Basso e la Cima di Örz su un terrazzo naturale dominante tutta la vallata e colorato d'oro dalla stagione e dai raggi del sole. Discesa dunque dedicata alle fotografie, che ci pare rendano l'idea della straordinaria giornata, e quindi giù nelle brume della pianura.
Nando

domenica 20 settembre 2015

Ai Tör - per funghi e su Pizzo Ricuca

Monda (892m), i cercatori per la loro strada
Va bene, siamo a fine settembre ed è tempo di funghi! La scelta del luogo del pernotto pare obbligata in quanto le moltissime capanne normalmente sempre aperte sono off-limits per via della caccia alta (in Canton Ticino dura le prime tre settimane di settembre e il weekend 26-27). Non rimane che tornare nel bel rifugio Ai Tör (1265m) del Patriziato di Iragna: luogo tutt'altro da sottovalutare se si va in cerca del prelibato frutto della terra. Infatti, non solo l'accesso a questo rifugio è poco impegnativo, e si presta bene a lasciar tempo alla ricerca, ma già in passato l'itinerario per raggiungerlo regalò al S.E.I. piacevoli e funghesche sorprese...
Si beh, ok.... Ai Tör... e per chi vuole camminare??? Ma c'è il pizzo Ricuca (2279m) nei pressi! Deciso. L'amenità della gita richiama molti sodali e quindi via! ln ben cinque partiamo alla volta della val d'Ambra, sopra Personico, dove si lascia l'auto poco prima della suo invaso.
appena sopra Malsegro (1513m), la fondamentale 'P'
La giornata è soleggiata, non calda, e l'inizio della salita fino al cartello di Monda (892m) avviene placidamente. Qui, circa alle ore 12:00, chi vuol camminare si separa da chi vuol cercare i funghi. Questi ultimi percorreranno il traverso fino a Pozzo (989m), e poi in salita fino al rifugio. In effetti durante la salita constateranno che la massima fioritura delle varietà migliori è passata, e ora le troppe piogge della settimana hanno un po’ deteriorato la qualità di ciò che è rimasto. Ad ogni modo, alla fine il bottino sarà comunque abbastanza soddisfacente. Nel frattempo CP si dirige verso la parte esplorativa di questa giornata chiedendosi “Arriverò sul Pizzo Ricuca oggi?”. Per essere pronto a quello che lo aspetta, il nostro è pronto: ha con sé questa bella relazione qui di Fabio ('tapio' su Hikr, che si ringrazia) e torna buona la precedente esperienza S.E.I. di questi luoghi: dal cartello di Monda si sale al termine della frazione fino all’ultima baita che sta vicino a una edicola votiva e da qui si entra, scavalcando il filo della recinzione, nel pascolo per dirigersi alla sommità di esso: quattro anni fa abbiamo compiuto questo itinerario in discesa.  
verso l'alpe Matro Colmo: il Ricuca!
Da dentro il pascolo occorre mettersi con l’animo in pace e scordarsi i segni: fino a Malsegro, c’è solo qualche ometto di pietra o qualche paracarro bianco e nero di quelli che di solito delimitano le carreggiate stradali. Dal pascolo, si diceva, attraverso una traccia prima flebile poi via via più marcata, e impiegandoci 20-25 minuti, si arriva fino a Laghetto (1087m) (che CP non vede ma è questo qui) e poi, attraverso il bel bosco che vieppiù si infittisce, si arriva in un’altra mezz’ora a Sprügh (1348m), un’alpe dominata dalla grande costruzione in pietra del ricovero per gli animali. Ancora pochi decine di metri e, non appena filtra un po’ più di luce dal bosco, si è a Malsegro (1513m). Sono le ore 13:15 circa. Qui a Malsegro ci sono belle baite ristrutturate, ma solo una è lasciata aperta e non è neppure male: piccolina, con acqua corrente, legna, stufa, cucina a gas, qualche stoviglia e un bel pianale per dormire con materassi e coperte.
scorci tra Matro Colmo e Pianazzora
CP ne approfitta per fare pausa e lasciare lo zaino. E poi via di nuovo, verso il Pizzo Ricuca! Dalle ultime baite di Malsegro (quelle più a sud) occorre seguire la traccia più grande in cima al prato fino a che si biforca il sentiero. Il segno fondamentale sta intagliato su un albero tutto sulla destra: una grande ‘P’ con una freccia. Nel giro di 20-25 minuti si è all’alpe di Pianazzora (1662m), che sorge lungo un bel prato con una vista splendida a nord-est nella regione dell'Adula. Appena si arriva salendo all’alpe di Pianazzora occorre andare tutto sulla destra, e superare un facile balzo, per trovare una comoda traccia per risalire tutto il lungo pratone passando vicino alle tante baite. Nessuna di loro è aperta e, strano, non c’è nessuno in vista. Da qui inizia il facile traverso per l’alpe Matro Colmo (1767m): il percorso è ben delimitato dalla comoda traccia. Servono una quarantina di minuti di bei saliscendi e si arriva sulla costa est del Pizzo Ricuca. Dall’alpe Matro Colmo si gode di una vista spettacolare! Tutta la valle Iragna dalla Cima di Negrös, al Poncione Rosso, alle sue diramazione in tre vallette la più a nord delle quali è la val Camana sotto la splendida Cima Lunga. Chiude la visuale a sud-ovest il pianoro di fronte su cui si appoggia l'alpe di Stübiell (1983m) con la bocchetta di Riva (2181m, fuori campo). Purtroppo (o per forutna) CP è stanco e, alle ore 14:50, rimanda a domani la salita al pizzo: la cosa si rivela provvidenziale in quanto si sarebbe trovato sotto la grandine tra le roccette della discesa di I grado (ma anche di II grado per quello che ci racconta).
il rientro Ai Tör - ore 16.35 sotto l'acqua
Infatti, di qui a un’ora inizia a piovere. Anzi a grandinare. Comunque sia, le 16.35 del pomeriggio fuori dai Tör risuonano del chiaro grido di “Ciiiiiiiiippppyyyy!”, segno dell’arrivo del nostro al campo base nel quale trova meritato ristoro e constata come anche questa volta la ricerca dei funghi abbia prodotto i suoi risultati: una gran quantità e una più che discreta qualità, con alcuni esemplari piuttosto validi che saranno mangiati crudi.
La fine del pomeriggio e la serata scorrono morbidi tra preparativi vari, pulizia e suddivisione dei funghi (chi nel risotto, chi trifolati, chi crudi, chi scartati perché dubbi e/o troppo vecchi). Il link alle foto che, al solito, si trova nei commenti rendono più di mille parole la piacevolezza della permanenza in rifugio.
risultato (parziale) della ricerca
Domenica mattina, dopo una notte agevole nonostante qualche dialogo tra addormentati, CP parte alle 7:44 alla volta del Pizzo Ricuca. Il tempo è splendido, la mattina è tersa e a terra è piuttosto asciutto per via del tanto vento che ha spazzato le nubi definitivamente. Rivedremo il nostro alle 14:15 nonostante la salita in cima lo abbia impegnato fino alle 10:28. Perché? Perché è bombo, e scendendo si è intortato pesantemente. Ma andiamo con ordine. Tornato all’alpe Matro Colmo, sale a vista sulla spalla appena dietro di essa seguendo su traccia il tubo dell’acqua che lo porta a una piccola cisterna. Da qui, tenendo leggermente la destra e seguendo tracce di cacciatore (o d’animale), ravanando non poco tra cespugli vari di rododendri e ginepri, arriva alla base di una pietraia, salita la quale tiene leggermente la destra e spunta “agevolmente” (dopo passaggi di I grado) a metà della costa di vetta. 
dall'alpe Matro Colmo, il Poncione Rosso (2505m)
Spettacolissimo dalla cima lassù!!! Si domina la scena, anche se CP non ha occhi che per la valle di Osogna, il “buco” prossimo venturo, e la sua bellissima chiusura tra i Torrent vari, il Piz di Örz e quello di Campedell. Ma si lasciano ammirare tutti i giganti presenti: Poncione Rosso in primis, e poi a ovest tutta una pletora di cime e coste rocciose che lasciano ammirati (grazie al dettaglio delle foto di 'tapio' le si identifica facilmente!). Più lontano a nord-est la vista spazia sulla regione dell’Adula.
la spalla e il "ravano" fino a Pizzo Ricuca
Arriva il momento di scendere e il nostro si complica la vita optando per una discesa "verticale", ma torna al Matro Colmo impiegandoci solo 30 minuti in più dell’andata quando salì in 1h e 5min. Da qui alla ‘P’ appena prima di Malsegro tutto è facile. Per telefono il resto del S.E.I. lo informa che “se dalla ‘P’ non torni a Malsegro e segui il tubo dell’acqua risparmi 20 minuti” (e ti risparmi anche tutta la serie di grossi alberi franati sulla traccia, quella più in basso, tra Malsegro e la piazzola rocciosa a 1490m prima della discesa lungo il riale). Tuttavia il nostro, per timore di trovarsi a Rogliei, tiene troppo la sinistra, esce dalla traccia e si perde.
Pizzo Ricuca (2279m)
Nel frattempo, gli altri sodali, svegliatisi con molto più agio, escono in direzione delle bolle di Pianazzora alla ricerca memori del fatto che la zona, grazie al bosco di conifere, è vocata alla crescita di altre varietà fungine. Tuttavia, stavolta, l’escursione si rivelerà da quel punto di vista piuttosto infruttuosa, se non per il bei panorami (sia pure non paragonabili a quelli che CP avrà ammirato dalla vetta) e l’ambiente sempre magico della zona. Ma torniamo a CP: trovato un riale piuttosto gonfio, il nostro lo segue verso il basso con un occhio all’altimetro: ma è il riale sbagliato! Non è quello parallelamente al quale scende il sentiero sulla CNS, ma è quello più a sud che passa a ridosso della legnaia dei Tör. 
dalla cima, la valle di Osogna e la sua splendida chiusura
Per fortuna che, al telefono, i soci S.E.I., nuovamente in rifugio dopo la gita mattutina sopra l’alpe di Pianazzora, si accorgono di sentire la sua voce. Il gruppo si ricongiunge così alle ore 14:15. Dopo il pranzo, si sistema tutto e si parte per la via dell’andata, sempre con l'occhio vigile alla ricerca di nuove prelibatezze; tuttavia anche in questo caso il bottino è scarso. 
rifugio Ai Tör(1265m) e il bel büüs ove sorge
Lungo la strada del ritorno sostiamo a Iragna per lasciare il contributo al Patriziato che, insieme al Presidente, ringraziamo sentitamente: il primo per la manutenzione e la cura di questi bei luoghi e il secondo per la sua attenta guida e il costante supporto alle imprese S.E.I.
Alla prossima!
CP e Nando


P.S.: nello splendido rifugio Ai Tör, come si vede nelle foto (link nei commenti), manca l'illuminazione: portarsi lampade e/o candele! 

domenica 23 agosto 2015

Crode Fiscaline

Come ogni estate le dolomiti fanno sentire il loro richiamo, così cerco sempre di tenermi qualche giorno libero per percorrere i loro sentieri. Quest'anno ritorno in di compagnia Sandro per le dolomiti di Sesto. Ci siamo dati una settimana di tempo per trovare due giorni senza pioggia, e possibilmente con un po' di sole, per salire alle Crode Fiscaline partendo dalla val di Landro. I pernotti al Rifugio Locatelli per ammirare le luci del tramonto sulle Cime di Lavaredo.












Il primo giorno partiamo dal parcheggio sulla statale da Dobbiaco per Cortina appena prima del Lago di Landro (m.1406). Il cielo è coperto e non possiamo spiare le Cime di Lavaredo che con il bel tempo sono visibili dalla strada per poi scomparire dietro le cime che chiudono la valle della Rienza.










Superato il pianoro acquitrinoso, iniziamo a costeggiare il fiume reso scuro dalle piogge dei giorni precedenti. Frane, anche recenti, segnano il sentiero ed obbligano a piccole deviazioni, finché raggiungiamo la testata della valle, dove parte la ripida salita che conduce all'altopiano dove è situtato il Rifugio Locatelli (m. 2438) alle spalle della Torre di Toblin.











Arriviamo al rifugio nel primo pomeriggio e veniamo sistemati nella casetta a fianco, dove è situato anche il riparo invernale. Approfittiamo subito della camerata per trovare un po' di pace ed evitare la massa di persone che arrivano dal Rifguio Auronzo. Anche se fortunatamente la folla dura poche ore, e verso le cinque si dilegua, rovina il fascino di questi luoghi. Occorrerebbe mettere un numero chiuso e limitare gli accessi dal parcheggio dell'Auronzo.
 
Ritrovata la pace verso sera ci godiamo una buona birra, il paesaggio ed una scena insolita. Una coppia si accomoda su un tavolo vicino al nostro. Lui apre un grande zaino da cui estrae numerosi peluche, che dispone in ordine sul tavolo. Poi con un autoscatto immortalano le Cime con loro ed i peluche in primo piano.

Ci svegliamo la mattina del secondo giorno pronti per camminare ed ammirare le montagne ora illuminate dal sole. A sud le Cime di Lavaredo, il Cristallo e la Val di Landro in tutto il loro splendore.









Ad est la cima del Paterno tanto contesa durante la prima guerra mondiale, iniziata proprio un secolo fa.












Ci incamminiamo verso est costeggiando il Paterno fino a ragiungere la forcella della val di Cengia e, poco sopra, il Rifugio Pian di Cengia (m. 2528). Un posto dove torno sempre volentieri, incastonato tra alte cime e lontano da ogni luogo. Alle nostre spalle le trincee delle Crode Fiscaline che percorriamo fino alla vetta (m. 2677) costeggiando in sicurezza la vertiginosa parete nord.









Dalla cima verso sud il Popera, la Croda del Toni, con alla base il Rifugio Comici, e le Marmarole sullo sfondo.







Torniamo indietro per chiudere il giro pasando per il rifugio Lavaredo e quindi per l'altopiano delle Cime. La sera del secondo giorno passa in rifugio ascoltando le storie sugli alpinisti di inizio novecento che per primi scalavano queste pareti. Il terzo giorno di buon'ora si torna a casa per la val di Landro. Prima di riprendere la macchina le nuvole ci lasciano ancora vedere per un ultimo saluto le Cime di Lavaredo.



venerdì 21 agosto 2015

bivacco Casorate Sempione e bocchetta di Spassato

Codera (825m), vista dopo il bivio Tracciolino - CS
Esiste un punto preciso svoltato il quale si esce da una delle più classiche passeggiate lombarde, ci si lascia alle spalle il vocìo dei "merenderos" delle gite in giornata qui a Codera, e ci si immerge in un maggiore silenzio e intimità con quanto di splendido i dintorni offrono. Questo punto è la rapida svolta sulla destra a scendere verso i due ponti seguendo i cartelli che indicano la direzione per il Tracciolino oppure, come nel mio caso, per il bivacco Casorate Sempione (CS): mentalmente la gita inizia ora.
Sono salito qui a Codera (825m) con Stefano e Silvia, partendo da Mezzolpiano alle 9.30: con loro mi vedrò domani, soggiorneranno al rifugio Brasca del CAI Milano.
lo spunzone del CS, da In Cima Al Bosco

Passati i due ponti, iniziano gli oltre 450m di salita che non molla un attimo attraversando il bel bosco di betulle che, rimpossessatosi degli antichi pascoli, costella tutta la verdissima costa attraverso cui si accede alla val Ladrogno. La meta di quest'oggi si trova nella parte medio-alta di questa valle, solitaria e incantata laterale della val Codera. E' il bivacco di lamiera CS, che se ne sta sotto uno spunzone di roccia attorno ai 2100m: un punto di sosta molto apprezzato dai climbers che si cimentano con lo spigolo ovest del Sasso Manduino. Per gli escursionisti come me questo è un posto di sicuro fascino da cui far iniziare meravigliose, e impegnative, traversate attorno ai graniti del circondario per le valli dei Ratti, di Arnasca e, questo è il sogno di una prossima avventura, poter raggiungere la val Masino e poi su, su, fino alla val Bregaglia.
falsopiano d'ingresso in val Ladrogno
Torniamo a noi, e alla salita dai due ponti di Codera: contando anche gli accessi in giornata, sarà la quinta-sesta volta che vado a In Cima al Bosco, pregevole poggio a 1268m nel quale, durante gli anni, abbiamo assisitito alla trasformazione del suo vecchio e diroccato ricovero per gli animali in baita. Anche questa volta, come sempre, la trovo molto bella, sbarrata e disabitata. Comunque la fontana antistante e il panorama sul Legnone e sul Lario invitano sempre alla sosta. Passo qui placidamente una quarantina di minuti. Conosco molto bene la posizione del Casorate Sempione, fa capolino dalla cima degli abeti, e inizio a fotografarlo. Non lo rivedevo da così vicino da 6 anni. I tempi di percorrenza dicono che da Codera a qui sono salito in 1h.
bivacco Casorate Sempione (2100m)
Ora inizia la parte rilassante della gita con il placido inoltrarsi per la val Ladrogno, procedendo in falsopiano e sempre nel bosco verso l'attraversamento del torrente a quota 1500m circa. Pensavo, data la caldazza record di questa estate 2015, di non trovare molta acqua salendo, e invece ce n'è molta che scende nei letti dei torrenti verticali alla mia destra, e ne troverò ancor di più proprio ove si attraversa il gonfio torrente della valle, 100m sotto la baita con gli asini a quota 1600m. Inoltre, sappiano i lettori, appena sotto il bivacco è indicato dove prendere il liquido essenziale.
Dopo la baita con gli asini (ne conto tre, quasi sorpresi nel vedermi) la salita continua ripida per qualche centinaia di metri di dislivello, restando tutta nel bel bosco ora di larici e abeti. Quando termina il bosco siamo a quota 1800m circa, e subito si trova dipinto su roccia l'incrocio a tre con il sentiero per la forcella di Pianei che dà accesso alla sfasciata val Salubiasca: ho percorso una volta con Nando la sua dirupata discesa verso Bresciadega, in val Codera, e non ne conservo un buon ricordo...
brume del mattino e Pizzo di Prata (2727m)
Proseguo per il CS, e ora il sentiero si indovina in mezzo all'erba alta che, a tratti, è alta davvero. Ma non ci sono dubbi sulla strada da seguire: si accede al Casorate girando alla destra del roccione sul quale è poggiato. Se proseguissi circospetto, troverei i segni sulle rocce ma questi conducono per un giro un po' più largo mentre la voglia di arrivare mi spinge a tagliare (e a ravanare per ginepri e rododendri...).
Sono al bivacco, e sorpresa!, non sono solo: è la prima volta che mi capita di trovarci qualcuno ma, vista la data di calendario, non è poi una cosa così insensata...
la meraviglia di roccia attorno
Alle ore 17.00 sono dentro, sono ripartito da In Cima al Bosco alle 13.50. Dividerò il posto con un simpatico uomo del comasco che sta in giro da una settimana con uno zaino gigantesco e che mi dice che nel 2010 il bivacco è stato chiuso(!) per delle operazioni di manutenzione e ripristino: in effetti i materassi e le coperte sono nuovi e fa bella mostra di sé un armadietto di legno leggero con due antine contenente utili suppellettili da cucina, piatti, qualche posata, tazze e bicchieri. Poca roba, ma essenziale per poter cucinare se si ha con sé il fornellino. Verso le 18.00 arriva un altro personaggio con un bel cane. Deve aspettare domani alcuni amici del circondario che salgono qui e prendono la bestiola mentre lui fa il Sasso Manduino. Iniziamo i preparativi per le frugali cene individuali quando, ormai è quasi buio, verso le 20.30 il quadro delle presenze si chiude con un giovanotto, Luca, di Valenza Po. Nessun problema per la notte, il bivacco conta 9 comodi posti letto.
valle d'Arnasca: Pizzi dell'Oro e Sfinge
Il giorno dopo, alle 8.00 siamo fuori: sale con me il giovane di Valenza Po. Lui va in valle dei Ratti, mentre il mio programma è variabile e dipende dal meteo. Non butta bene: la magnifica bruma che sovrastava il fondo valle alle 7.00 si alza, e non lascia speranza... anche chi doveva fare il Manduino attende la schiarita (che non arriverà) stando in bivacco. Tra nebbia, e i pochi squarci di sole, saliamo oltre il Casorate Sempione. Il sentiero, sempre segnato, attraversa poco sopra il torrente e si porta sulla destra idrografica, lato ove sta l'imponente cornice di creste di granito grigio chiaro che separa la valle Ladrogno dalla valle d'Arnasca. Ho sempre voluto trovarmi a cavallo tra queste due per scendere poi al bivacco Valli (ma vedendo alcune relazioni, è meglio forse farla a salire dal Valli...).
"la Porta" ovvero il passaggio per la valle d'Arnasca (2700m ca)
Man mano che saliamo si delinea meglio il profilo delle creste, le scruto per indovinare il punto di passaggio... Verso i 2500m il sentiero non continua più sulla corta erbetta ma si inizia a calpestare la nuda roccia. C'è una salita un po' ripida quasi a ridosso della gigantesca parete. Lascio lo zaino, tanto so che dovrò tornare di qui: la nebbia non invita ad azzardare di scendere per un sentiero nuovo, e pare anche che dal pomeriggio arrivi la pioggia. Procedendo, sembra che la bruma si diradi e a un certo punto, verso i 2600m, alla nostra sinistra sembra che vi sia "un'autostrada" per andare a guardare giù verso la valle d'Arnasca e la val Masino. 
Pizzo Ligoncio (3032m) e Sfinge (2802m)
Così è, e mi trovo subito investito dalla bellezza del paesaggio con una sfilata di cime note da togliere il fiato (Sfinge, Ligoncio, Porcellizzo, Turbinasca...le più imponenti del circondario sono sotto le nuvole). Ma evidentemente questo non è il punto ove scendere di sotto, e allora ci rimettiamo in marcia. 150m più in alto lo trovo: il collegamento per la valle d'Arnasca sta ben dipinto su sasso come avevo visto in precedenza in rete. Splendido! Non vedo l'ora di sbucare di qui salendo dal Valli, ma non è questo il giorno. Mi limito a fotografare l'attacco della discesa. A giudicare da quanto vedo in rete questo passaggio si chiama semplicemente "la Porta".
il "muro" e le inconfondibili pietre della b.tta di Spassto
Giusto il tempo di un saluto al bivacco Valli che, di tanto in tanto, occhieggia tra la nebbia e via!, su per altri 60-80m verso la bocchetta di Spassato. Riconosco da sotto il "muro" che ne delimita i lati: dietro sta la val dei Ratti e la val Ladrogno qui, da dove provengo. Magnifico ritrovarmi qui di nuovo. Saluto Luca che si dirige a Verceia passando per il Primalpia, e torno indietro anche io: il giro inizialmente pensato di più giorni si è compresso, ma è stato comunque di tanta soddisfazione. Ripercorro la lunga strada del ritorno: alle 16.30 sarò nuovamente a Codera per la birretta all'Osteria Alpina con Stefano e Silvia, di ritorno anche loro da un pregevole giro attorno al Brasca.
bocchetta di Spassato (2820m)
E con questa, come ho ripercorso dal libro del bivacco, sono quattro volte che sono salito al Casorate: le precendenti nel 2006, 2008 e 2009. E come ogni volta che ritorno da questi magici posti, già sogno la prossima avventura ancora circondato in splendidi scenari granitici, remoti e carichi di fascino.
Evviva il Presidente!
Evviva il S.E.I.!
CP